Famiglia nobile anconitana, per come la descrive Inveges coll’appoggio di Flaminio Rossi,
del Baronie, Mugnos ed altri, passata in Sicilia sotto il reggimento di rè Martino con
Antonio e Alberto Scirotta, creati camerieri
del real palazzo. Dal primo venne un
Girolamo, che si caso in Capua colla figlia
di rè Alfonso 1443, dalla quale ebbe un figlio Antonio, che molto si distinse nelle guerre di Spagna ed Italia in favore del rè cattolico, fermando sua dimora in Palermo, ove
in s. Cita esiste di lui un magnifico mausoleo 1527. Fiorirono altresì: un 2° Rutilio maestro razionale del r. Patrimonio 1591, conservatore del regno 1598, presidente del tribunale della sacra regia coscienza 1607, e
presidente del detto r. Patrimonio 1609, carica che rinunziò per farsi gesuita 1614; un
3° Antonio sotto rè Filippo avvocato fiscale
nella R. G. C. e reggente il Supremo Consiglio d’Italia 1647; un Francesco figlio di detto
Rutilio primo marchese di s. Elisabetta, sapiente ministro regio, che dopo avere governata la città di Palermo colle primarie cariche, in occasione della peste in Nicosia abbracciò il governo di quest’altra città 1626,
indi conservatore 1627, maestro razionale
di cappa e spada 1634, morto carico di onori 1647; un 3° Rutilio di lui figlio primo
principe di Montevago 1641, e 2° marchese
di s. Elisabetta, cavaliere d’Alcantara ed onorato non meno del padre d’importanti cariche; un Alessandro fratello del precedente
cavaliere gerosolimitano;, ed un Saverio investito 1666, per la di cui morte ereditò la
sorella Girolama, maritata a Giovanni
Gravina duca di s. Michele, nella di cui casa
questa rinomata famiglia si estinse.
Levò per arme: d’azzurro,, con una banda
sormontata da un lupo passante, accompagnata da tré stelle, poste una nel canton sinistro del capo, e due in banda nel canton
destro della punta, il tutto d’oro. Corona di
principe, cimata da un s. Francesco Saverio
in abito di pellegrino ed il motto Te duce ad
patriam.
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