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Santo Nicasio de Burgio Visto: 395
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Notizie storiche su Santo Nicasio, cavaliere di San Giovanni, Crociato, caduto nella battaglia di Hattin nel 1187, inviate da Francesco Nicasio Cassata. La storia è stata avara di notizie per quanto riguarda la vita ed il martirio di San Nicasio, ma tramite testimonianze della parentela del Santo, che danno autenticità alle notizie sotto riportate, in quanto esistono ancora negli archivi i documenti originali vicini nel tempo al periodo in cui visse San Nicasio, è possibile tracciare un breve cenno sui momenti essenziali della sua vita. San Nicasio nacque tra il 1130 e il 1140 e morì martire nel 1187, è di origine siciliana, probabilmente palermitano, discendente dai saraceni per parte di padre e dai normanni per parte di madre. Il saraceno Hammud (detto anche Kamut, Kamet o Achmet), Emiro di Girgenti (Agrigento) e di Castrogiovanni (Enna), quando Girgenti fu conquistata dal Conte Ruggero nel 1086, si ritirò in Castrogiovanni, resistendovi per molto tempo e patteggiando poi la resa. Nel 1088 si fece cristiano con tutta la famiglia, fu battezzato in Sciacca dal vescovo di Girgenti, Gerlando, ed ebbe come padrino lo stesso Conte Ruggero di cui prese il nome cristiano, divenendo Ruggero Camuto. Il 4 Luglio 1088 il Conte Ruggero gli donò il castello della terra del Burgio nella Valle di Mazara. Da questa investitura, derivò ai discendenti il cognome della famiglia “BURGIO”. Il figlio di Ruggero Camuto, Roberto de Burgio, sposò Aldegonda, nobile normanna consanguinea degli Hauteville; da Roberto e Aldegonda nacquero: Ruggero, investito del castello di Sciacca dalla Contessa Giulia il 14 Ottobre 1144; Guglielmo, che nel 1166 assistette all’incoronazione del Re Guglielmo II nella qualità di Grande del Regno; Ferrandino e NICASIO che abbracciarono la vita religiosa come membri dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, conosciuto oggi come Ordine di Malta. I due fratelli Ferrandino e Nicasio pronunziarono come frati laici i tre voti religiosi di Povertà, Castità e Obbedienza e il quarto voto di “restare in armi” per dedicarsi al conforto degli afflitti, all’assistenza dei pellegrini e degli ammalati e alla difesa dei territori cristiani della Terra Santa, aderendo pienamente allo spirito dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme che aveva come princìpi ispiratori la difesa della fede, l’assistenza ai pellegrini e agli ammalati, l’impegno alla solidarietà, alla giustizia, alla pace, sulla base dell’insegnamento della dottrina evangelica, in stretta comunione con la Santa Sede, attraverso una carità operosa e dinamica, sostenuta dalla preghiera. Essi risposero all’appello del Gran Maestro dei Gerosolimitani, Ruggero Des Moulins, che sollecitava presso i prìncipi cristiani l’aiuto per la liberazione della Terra Santa. Nel 1185, imbarcatisi a Trapani al seguito di Ruggero Des Moulins che ritornava a Gerusalemme scortato da due galere del Re Guglielmo II, partirono per la Terra Santa, dove, secondo lo spirito dell’Ordine, prestarono il loro servizio agli ammalati e ai pellegrini nell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Nel 1187 il Sultano Saladino, il cui regno si estendeva dal deserto libico alla valle del Tigri circondando su tre fronti i regni crociati, il 30 Giugno invase il regno di Gerusalemme, i Cristiani, dopo aver difeso il castello di Tiberiade, decimati e allo stremo, si rifugiarono sopra una collina chiamata Corni di Hattin, dove il 4 Luglio vennero definitivamente sconfitti, fatti prigionieri e poi consegnati ai carnefici. In questa battaglia, che si concluse con la resa di Tiberiade e di Tolemaide, rimasero uccisi Ruggero Des Moulins e gran parte degli Ospitalieri. Anche San Nicasio che era capitano al seguito di Ruggero Des Moulins fu fatto prigioniero durante la battaglia di Hattin e, poiché si rifiutò di rinnegare Cristo, fu decapitato, in odio alla fede, alla presenza del Sultano Saladino. Quando l’Arcivescovo di Tiro, Josias, giunto a Palermo nell’estate del 1187, diede la notizia dell’uccisione dei fratelli Ferrandino e Nicasio al Re Guglielmo II, questi si stracciò i lussuosi vestiti di seta, indossò un saio e andò in ritiro penitenziale per quattro giorni. Nicasio fu venerato come Martire sin dai primi anni dopo la sua morte, e ciò prova che morì come cristiano in difesa di Cristo e della fede. San Nicasio fu quindi un Crociato che testimoniò la propria fede con il martirio, dando così l’esempio di come vivere nello spirito delle beatitudini evangeliche, che egli si era impegnato a realizzare, vestendo l’abito dei Cavalieri Gerosolimitani (la croce ottagonale bianca, segno delle otto beatitudini), in quanto seppe abbandonare gli agi della sua casa per diventare povero nel nome del Signore, accettando le afflizioni di un lungo viaggio in Terra Santa, per servire Cristo negli ammalati e nei pellegrini con la mitezza di chi, affamato e assetato della giustizia, desiderava ridare ai cristiani la gioia di poter venerare i luoghi in cui era vissuto il Salvatore, e ciò come frutto della misericordia verso il prossimo, cioè dell’amore che fu la sua forza nella persecuzione, affrontata per portare la pace laddove questa veniva negata ai cristiani. L‘Imperatore Federico II il 24 Agosto 1232, nell’investire Guglielmo de Burgio delle terre di Caltagirone, creandolo Viceré della Valle di Noto, fra le glorie della famiglia Burgio ricorda i due fratelli Ferrandino e Nicasio ”…in supradicto Hospitale crucesignati…qui in humanae et Divinae Majestatis servitium sanguinem effunderunt…”. La venerazione del Martire Nicasio pare abbia avuto inizio a Caccamo, ma un altare a lui dedicato esisteva già nel 1305 nella Chiesa Arcipretale di San Pietro in Trapani. Scrive il Sacerdote Vincenzo Venuti nel suo “discorso storico-critico” su San Nicasio Martire edito nel 1762 “…ora dal dominio, ch’ ebbe vicino di Caccamo la famiglia del Burgio, o dalla divozione, che a San Nicasio professò la famiglia Cabrera, o per ambi i motivi, io stimo essersi pian piano introdotto in Caccamo un qualche culto del nostro Santo Gerosolimitano…”. I Burgio non erano Signori di Caccamo, ma furono padroni di un casale nei pressi della Città chiamato Caccamo minore, che estendeva i suoi confini con Termini Imerese, a quattro miglia da Caccamo. A tal proposito si legge nel testamento di Roberto Lo Burgio datato 4 Luglio 1230 “…investit ex nunc et pro tempore post ejus mortem Dominum Rubertellum…Pheudi et Casalis Caccabi minoris, et de omnibus terris a dicto Casale descendentibus in vallonem usque ad confines Hymeram…”. Inoltre, un discendente della famiglia Burgio, Nicolò Lo Burgio, sposò Leonora Maria Cabrera un tempo Signora di Caccamo. In Sicilia il culto di San Nicasio si diffuse da Caccamo, dove, come già detto, era stato introdotto dalla famiglia Cabrera la quale lo vantava come antenato e che, volendo propagare la gloria del casato, aveva costituito Patrono della Città quel Martire che era al tempo stesso Protettore della famiglia e, a Caccamo, raggiunse l’apice tramite l’opera del Beato Giovanni Liccio il quale ne rese più viva la venerazione. Essendosi sparsa la devozione, diverse immagini del Santo furono dipinte nelle strade e nelle case private di Caccamo, come attestato da un atto notarile del 1573, e particolarmente nella chiesa a lui dedicata di fronte alla Città perché da lì potesse proteggere tutto il popolo. Appare così chiaro che San Nicasio fu il più antico Protettore di Caccamo. Numerosi furono i miracoli che si videro a Caccamo per intercessione di San Nicasio, tra i quali le liberazioni dalla peste avvenute nel 1575 e nel 1624. San Nicasio veniva inoltre invocato per ottenere la guarigione da una malattia del collo chiamata struma o scrofole, e ciò ne facilitò la diffusione della devozione in tutta la Sicilia. A Caccamo si costituì pure una Confraternita a lui intitolata, approvata il 5 Agosto 1596 dall’ Arcivescovo di Palermo Diego De Haedo, il quale rafforzò la venerazione che i Caccamesi tributavano a San Nicasio, concedendo ad essi il 29 Agosto 1604 una reliquia del Santo che egli aveva rinvenuto sotto la pietra dell’altare maggiore della Cattedrale di Palermo, dove era stata collocata alcuni anni dopo la morte di Guglielmo Lo Burgio il quale così scrisse nel suo testamento datato 4 Agosto 1347 ” …e cchiui vogghiu chi miu fighiu Franciscu avissi a fari bona la dunazioni, chi iu fici di la Reliquia di Santu Nicasiu miu parenti a la Chiesa di Palermu, quali Reliquia fu data a lu quondam Rubertu di lu Burgiu di un militi dittu Vestul, di cui fu Duci, e Capitanu lu dittu Santu Nicasiu, quannu cummattiu pri la Fidi di Cristu, comu militi di li Spitali di Gerusalemmi…”. Il 17 Ottobre 1609 il Cardinale Giannettino Doria ordinò come festa di precetto per la Città di Caccamo la solennità di San Nicasio, “concedendo a tutte quelle persone che visiteranno la Chiesa di Santo Nicasio nella vigilia et festa di detto Santo per insino al tramontar del sole di detta festività giorni cento d’indulgenza oltre l’indulgenza plenaria che per Sua Santità è concessa a detta chiesa”. Il 31 Maggio 1625, con atto ufficiale presso il notaio Pietro Ciuffo, il Clero, il Sindaco ed i Giurati di Caccamo elessero San Nicasio Martire Patrono e Protettore della Città, con voto perpetuo di celebrarne ogni anno la festa, a spese comunali, nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì successivo (giorno anniversario della traslazione della reliquia). Il 4 Ottobre 1996 l’Arcivescovo di Palermo il Card. Salvatore De Giorgi con Decreto Arcivescovile ha riattivato l’antichissima Confraternita di San Nicasio. Il Martyrologium Romanum promulgato nel 2001 da Sua Santità Giovanni Paolo II pone la festa liturgica di San Nicasio Martire al 1° Luglio “Die 1 iulii – Ptolemaide in Palaestina, sancti Nicasii, equitis Ordinis Sancti Ioannis Hierosolymitani et martyris, qui in Terrae Sanctae defensione a Saracenis captus et decollatus est”. A Caccamo, oltre la festa liturgica del 1° Luglio, ogni anno viene solennizzata la festa della traslazione della Reliquia di San Nicasio Martire nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì successivo.
Blasone – famiglia Burgio Visto: 376
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Burgio

Origine -> Descrizione – famiglia Burgio Visto: 400
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Antichissima e nobile famiglia della città di Sciacca al dir del Villabianca, portatavi da un saraceno Chamut Amira in Girgenti, dopo essere stato il 1086 dal conte Ruggiero sconfitto nell’assedio di detta città, convertito alla fede di Cristo, tenuto quinci al sacro fonte in Castrogiovanni e poi creato miles col figlio Roberto, avendo molti feudi posseduto, tra cui quello di Burgio; di là il cognome. Roberto prese in moglie Alegonda principessa di casa normanna; un di lui figlio Ruggiero ebbe il castello di Sciacca, l’altro Guglielmo primate del regno fu padre di S. Nicasio Burgio, uno degli eroi della religione gerosolimitana e patrono di Trapani e Caccamo. Questa famiglia si è diramata in varie linee, cioè: ne’ baroni delle due Gazere che è la linea primogenita; ne’ baroni di Villanova in Trapani da cui derivarono i baroni di Serravalle i baroni di Scirinda ed i duchi di Villafiorita, essendo stato il primo ad investirsi di questo titolo Nicolo Burgio nel 1710. Fu egli signore de’ feudi di Dimina, Rampicallo e Massana, non che commissario generale per la numerazione del regno 1714. Da lui un Pietro cavaliere gerosolimitano investito nel 1726. Onorifico in vero è quello epitaffio eretto in Caltagirone in memoria dell’illustre monsignor Giovanni Burgio vescovo di Mazzara ed arcivescovo di Palermo, ricordato dal Pirri e dal Mongitore. Armasi: campo azzurro con un capriolo d’oro accompagnato da tré stelle dello stesso situate, 2 al capo ed una in punta. Corona di duca.
 
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