Santo Nicasio de Burgio |
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Notizie storiche su Santo Nicasio, cavaliere di San Giovanni, Crociato, caduto nella battaglia di Hattin nel 1187, inviate da Francesco Nicasio Cassata.
La storia è stata avara di notizie per quanto riguarda la vita
ed il martirio di San Nicasio, ma tramite testimonianze della
parentela del Santo, che danno autenticità alle notizie sotto
riportate, in quanto esistono ancora negli archivi i documenti
originali vicini nel tempo al periodo in cui visse San Nicasio, è
possibile tracciare un breve cenno sui momenti essenziali della sua
vita.
San Nicasio nacque tra il 1130 e il 1140 e morì martire
nel 1187, è di origine siciliana, probabilmente palermitano,
discendente dai saraceni per parte di padre e dai normanni per parte
di madre. Il saraceno Hammud (detto anche Kamut, Kamet o Achmet),
Emiro di Girgenti (Agrigento) e di Castrogiovanni (Enna), quando
Girgenti fu conquistata dal Conte Ruggero nel 1086, si ritirò in
Castrogiovanni, resistendovi per molto tempo e patteggiando poi la
resa. Nel 1088 si fece cristiano con tutta la famiglia, fu
battezzato in Sciacca dal vescovo di Girgenti, Gerlando, ed ebbe
come padrino lo stesso Conte Ruggero di cui prese il nome cristiano,
divenendo Ruggero Camuto. Il 4 Luglio 1088 il Conte Ruggero gli donò
il castello della terra del Burgio nella Valle di Mazara. Da questa
investitura, derivò ai discendenti il cognome della famiglia
“BURGIO”.
Il figlio di Ruggero Camuto, Roberto de Burgio,
sposò Aldegonda, nobile normanna consanguinea degli Hauteville; da
Roberto e Aldegonda nacquero: Ruggero, investito del castello di
Sciacca dalla Contessa Giulia il 14 Ottobre 1144; Guglielmo, che nel
1166 assistette all’incoronazione del Re Guglielmo II nella qualità
di Grande del Regno; Ferrandino e NICASIO che abbracciarono
la vita religiosa come membri dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri
di San Giovanni di Gerusalemme, conosciuto oggi come Ordine di
Malta. I due fratelli Ferrandino e Nicasio pronunziarono come frati
laici i tre voti religiosi di Povertà, Castità e Obbedienza e il
quarto voto di “restare in armi” per dedicarsi al conforto degli
afflitti, all’assistenza dei pellegrini e degli ammalati e alla
difesa dei territori cristiani della Terra Santa, aderendo
pienamente allo spirito dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di
Gerusalemme che aveva come princìpi ispiratori la difesa della fede,
l’assistenza ai pellegrini e agli ammalati, l’impegno alla
solidarietà, alla giustizia, alla pace, sulla base dell’insegnamento
della dottrina evangelica, in stretta comunione con la Santa Sede,
attraverso una carità operosa e dinamica, sostenuta dalla
preghiera.
Essi risposero all’appello del Gran Maestro dei
Gerosolimitani, Ruggero Des Moulins, che sollecitava presso i
prìncipi cristiani l’aiuto per la liberazione della Terra Santa. Nel
1185, imbarcatisi a Trapani al seguito di Ruggero Des Moulins che
ritornava a Gerusalemme scortato da due galere del Re Guglielmo II,
partirono per la Terra Santa, dove, secondo lo spirito dell’Ordine,
prestarono il loro servizio agli ammalati e ai pellegrini
nell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Nel 1187 il Sultano
Saladino, il cui regno si estendeva dal deserto libico alla valle
del Tigri circondando su tre fronti i regni crociati, il 30 Giugno
invase il regno di Gerusalemme, i Cristiani, dopo aver difeso il
castello di Tiberiade, decimati e allo stremo, si rifugiarono sopra
una collina chiamata Corni di Hattin, dove il 4 Luglio vennero
definitivamente sconfitti, fatti prigionieri e poi consegnati ai
carnefici. In questa battaglia, che si concluse con la resa di
Tiberiade e di Tolemaide, rimasero uccisi Ruggero Des Moulins e gran
parte degli Ospitalieri. Anche San Nicasio che era capitano al
seguito di Ruggero Des Moulins fu fatto prigioniero durante la
battaglia di Hattin e, poiché si rifiutò di rinnegare Cristo, fu
decapitato, in odio alla fede, alla presenza del Sultano Saladino.
Quando l’Arcivescovo di Tiro, Josias, giunto a Palermo nell’estate
del 1187, diede la notizia dell’uccisione dei fratelli Ferrandino e
Nicasio al Re Guglielmo II, questi si stracciò i lussuosi vestiti di
seta, indossò un saio e andò in ritiro penitenziale per quattro
giorni. Nicasio fu venerato come Martire sin dai primi anni dopo la
sua morte, e ciò prova che morì come cristiano in difesa di Cristo e
della fede. San Nicasio fu quindi un Crociato che testimoniò la
propria fede con il martirio, dando così l’esempio di come vivere
nello spirito delle beatitudini evangeliche, che egli si era
impegnato a realizzare, vestendo l’abito dei Cavalieri
Gerosolimitani (la croce ottagonale bianca, segno delle otto
beatitudini), in quanto seppe abbandonare gli agi della sua casa per
diventare povero nel nome del Signore, accettando le afflizioni di
un lungo viaggio in Terra Santa, per servire Cristo negli ammalati e
nei pellegrini con la mitezza di chi, affamato e assetato della
giustizia, desiderava ridare ai cristiani la gioia di poter venerare
i luoghi in cui era vissuto il Salvatore, e ciò come frutto della
misericordia verso il prossimo, cioè dell’amore che fu la sua forza
nella persecuzione, affrontata per portare la pace laddove questa
veniva negata ai cristiani. L‘Imperatore Federico II il 24 Agosto
1232, nell’investire Guglielmo de Burgio delle terre di Caltagirone,
creandolo Viceré della Valle di Noto, fra le glorie della famiglia
Burgio ricorda i due fratelli Ferrandino e Nicasio ”…in
supradicto Hospitale crucesignati…qui in humanae et Divinae
Majestatis servitium sanguinem effunderunt…”.
La venerazione del Martire Nicasio pare abbia avuto inizio a Caccamo,
ma un altare a lui dedicato esisteva già nel 1305 nella Chiesa
Arcipretale di San Pietro in Trapani. Scrive il Sacerdote Vincenzo
Venuti nel suo “discorso storico-critico” su San Nicasio
Martire edito nel 1762 “…ora dal dominio, ch’ ebbe vicino di
Caccamo la famiglia del Burgio, o dalla divozione, che a San Nicasio
professò la famiglia Cabrera, o per ambi i motivi, io stimo essersi
pian piano introdotto in Caccamo un qualche culto del nostro Santo
Gerosolimitano…”. I Burgio non erano Signori di Caccamo, ma
furono padroni di un casale nei pressi della Città chiamato Caccamo
minore, che estendeva i suoi confini con Termini Imerese, a quattro
miglia da Caccamo. A tal proposito si legge nel testamento di
Roberto Lo Burgio datato 4 Luglio 1230 “…investit ex nunc et pro
tempore post ejus mortem Dominum Rubertellum…Pheudi et Casalis
Caccabi minoris, et de omnibus terris a dicto Casale descendentibus
in vallonem usque ad confines Hymeram…”. Inoltre, un discendente
della famiglia Burgio, Nicolò Lo Burgio, sposò Leonora Maria Cabrera
un tempo Signora di Caccamo.
In Sicilia il culto di San Nicasio si diffuse da Caccamo, dove, come già detto, era stato
introdotto dalla famiglia Cabrera la quale lo vantava come antenato
e che, volendo propagare la gloria del casato, aveva costituito
Patrono della Città quel Martire che era al tempo stesso Protettore
della famiglia e, a Caccamo, raggiunse l’apice tramite l’opera del
Beato Giovanni Liccio il quale ne rese più viva la venerazione.
Essendosi sparsa la devozione, diverse immagini del Santo furono
dipinte nelle strade e nelle case private di Caccamo, come attestato
da un atto notarile del 1573, e particolarmente nella chiesa a lui
dedicata di fronte alla Città perché da lì potesse proteggere tutto
il popolo. Appare così chiaro che San Nicasio fu il più antico
Protettore di Caccamo.
Numerosi furono i miracoli che si videro a Caccamo per intercessione di San Nicasio, tra i quali le
liberazioni dalla peste avvenute nel 1575 e nel 1624. San Nicasio
veniva inoltre invocato per ottenere la guarigione da una malattia
del collo chiamata struma o scrofole, e ciò ne facilitò la
diffusione della devozione in tutta la Sicilia. A Caccamo si
costituì pure una Confraternita a lui intitolata, approvata il 5
Agosto 1596 dall’ Arcivescovo di Palermo Diego De Haedo, il quale
rafforzò la venerazione che i Caccamesi tributavano a San Nicasio,
concedendo ad essi il 29 Agosto 1604 una reliquia del Santo che egli
aveva rinvenuto sotto la pietra dell’altare maggiore della
Cattedrale di Palermo, dove era stata collocata alcuni anni dopo la
morte di Guglielmo Lo Burgio il quale così scrisse nel suo
testamento datato 4 Agosto 1347 ” …e cchiui vogghiu chi miu
fighiu Franciscu avissi a fari bona la dunazioni, chi iu fici di la
Reliquia di Santu Nicasiu miu parenti a la Chiesa di Palermu, quali
Reliquia fu data a lu quondam Rubertu di lu Burgiu di un militi
dittu Vestul, di cui fu Duci, e Capitanu lu dittu Santu Nicasiu,
quannu cummattiu pri la Fidi di Cristu, comu militi di li Spitali di
Gerusalemmi…”. Il 17 Ottobre 1609 il Cardinale Giannettino Doria
ordinò come festa di precetto per la Città di Caccamo la solennità
di San Nicasio, “concedendo a tutte quelle persone che
visiteranno la Chiesa di Santo Nicasio nella vigilia et festa di
detto Santo per insino al tramontar del sole di detta festività
giorni cento d’indulgenza oltre l’indulgenza plenaria che per Sua
Santità è concessa a detta chiesa”.
Il 31 Maggio 1625, con atto ufficiale presso il notaio Pietro Ciuffo, il Clero, il
Sindaco ed i Giurati di Caccamo elessero San Nicasio Martire Patrono
e Protettore della Città, con voto perpetuo di celebrarne ogni anno
la festa, a spese comunali, nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì
successivo (giorno anniversario della traslazione della reliquia).
Il 4 Ottobre 1996 l’Arcivescovo di Palermo il Card. Salvatore De
Giorgi con Decreto Arcivescovile ha riattivato l’antichissima
Confraternita di San Nicasio. Il Martyrologium Romanum promulgato
nel 2001 da Sua Santità Giovanni Paolo II pone la festa liturgica di
San Nicasio Martire al 1° Luglio “Die 1 iulii – Ptolemaide in
Palaestina, sancti Nicasii, equitis Ordinis Sancti Ioannis
Hierosolymitani et martyris, qui in Terrae Sanctae defensione a
Saracenis captus et decollatus est”.
A Caccamo, oltre la festa liturgica del 1° Luglio, ogni anno viene solennizzata la
festa della traslazione della Reliquia di San Nicasio Martire
nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì successivo. |
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Blasone – famiglia Burgio |
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Burgio
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Origine -> Descrizione – famiglia Burgio |
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Antichissima e nobile famiglia della città di Sciacca al dir del Villabianca, portatavi da un saraceno Chamut Amira in Girgenti, dopo essere stato il 1086 dal conte Ruggiero sconfitto nell’assedio di detta città, convertito alla fede di Cristo, tenuto quinci al sacro fonte in Castrogiovanni e poi creato miles col figlio Roberto, avendo molti feudi posseduto, tra cui quello di Burgio; di là il cognome. Roberto prese in moglie Alegonda principessa di casa normanna; un di lui figlio Ruggiero ebbe il castello di Sciacca, l’altro Guglielmo primate del regno fu padre di S. Nicasio Burgio, uno degli eroi della religione gerosolimitana
e patrono di Trapani e Caccamo.
Questa famiglia si è diramata in varie linee, cioè: ne’ baroni delle due Gazere che è la linea primogenita; ne’ baroni di Villanova in Trapani da cui derivarono i baroni di Serravalle i baroni di Scirinda ed i duchi di Villafiorita, essendo stato il primo ad investirsi di questo titolo Nicolo Burgio nel 1710.
Fu egli signore de’ feudi di Dimina, Rampicallo e Massana, non che commissario generale per la numerazione del regno 1714. Da lui un Pietro cavaliere gerosolimitano investito nel 1726.
Onorifico in vero è quello epitaffio eretto in Caltagirone in memoria dell’illustre monsignor Giovanni Burgio vescovo di Mazzara ed arcivescovo di Palermo, ricordato dal Pirri e dal Mongitore.
Armasi: campo azzurro con un capriolo d’oro accompagnato da tré stelle dello stesso situate, 2 al capo ed una in punta.
Corona di duca.
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