Dr. Giuseppe Siracusa
La famiglia Siracusa
Una famiglia spagnola nella Sicilia dei sec. XIII-XVII
1. Le radici spagnole
La famiglia Zaragoza mutatasi in seguito in Siragusa oppure Siracusa pare, secondo Mugnos, che sia originaria dalla omonima cittá nel Regno d’Aragona e cosí cognominata da un cavaliere, che per primo tolse la rocca di suddetta cittá dalle mani dei Saraceni. Se diamo fiducia all’asserzione di Mugnos, che pare appoggiata da Girolamo Zurita, il progenitore di suddetta famiglia fu Gastone Visconte di Bearne, che a ricompensa dello sforzo effettuato nella riconquista di Zaragoza (nell’anno 1118), ottenne dal re d’Aragona il titolo di „Signore di Zaragoza“. A pagina 144 degli Annali leggiamo infatti:
“En la toma de esta ciudad gratificó el imperador a los ricos hombres y
caballeros que le sirvieron en la guerra; y porque entre todos fue muy señalado
el esfuerzo y constancia de Gaston Vizconde de Bearne,le hizo mercéd de la parte
de la ciudad que era habitada para cristianos, quando los moros la poseían, que
eran ciertos barrios de la parroquia de Santa Maria la mayor. Y túvola el
Vizconde con la Vizcondesa D. Teresa su mujer y Centullo su hijo en honor,
intitulandose Señor de Zaragoza como era costumbre“[1]
A questo punto mi sia permesso aprire una parentesi, che ritengo necessaria.
Nella Spagna della Riconquista non si conoscono molti titoli nobiliari. Sebbene
nelle zone di confine con la Francia (Rossellon) esistano titoli d’origine
francese ( come quello di Visconte). la Spagna medievale conosce nel regno
d’Aragona solo i Magnati ( Ricos hombres), e i Baroni (Varones =
Primogeniti). Al posto dei Baroni nel regno di Castilla sono i Signori.
Sia il Barone che il Signore sono feudatari investiti in capite. In realtá sia
la Signoria che la Baronia siculo-spagnola sono Stati feudali , quasi
indipendenti, in seno al Regno.
La complessitá di suddetta posizione é stata nei secoli seguenti oggetto di
polemiche giuridiche con risultati addirittura paradossali. Nella letteratura
storica siciliana il termine di Baronia si confonde spesso con quello di “Stato“.
Il Barone siciliano gode spesso il privilegio del “mero e misto imperio”
e abusa del potere sottraendosi al controllo della corona. Suddetta posizione
viene rispecchiata da una scurrile sentenza. Negli anni 40. del secolo XVIII,
l’avvocato Carlo di Napoli riuscí a vincere una controversia sorta tra il suo
cliente, Principe di Cassaro ed il paese di Sortino, che voleva riscattarsi e
ritornare in seno al regio demanio, con l’argomentazione che i baroni siciliani
non erano vassalli bensí “commilitones” dei re normanni, avendo ricevuto
per il proprio contributo personale parte dei diritti del sovrano[2].
Naturalmente i sovrani spagnoli hanno piú volte tentato di limitare i poteri
delle antiche Baronie come pure di abolire le Signorie. Purtroppo fino ai giorni
d’oggi senza seguire una chiara linea. Giá Filippo II con la legge del 23
Settembre 1595 aveva disposto che nessuno potesse nel futuro titolarsi come
Barone, senza essere stato espressamente autorizzato dalla corona a usare
suddetto titolo.
Anche il titolo di Signore fu oggetto di parecchi tentativi reali al fine di
limitarne il potere. Il primo tentativo avvenne con l’abolizione del Re Fernando
VII (Cedula del 6.8.1811 confermata nuovamente il 15.9.1814) . Sia questo
tentativo, come pure la abolizione con decreto reale del 2.2.1837, non ottennero
realmente una totale attuazione.
La legge del 27 Maggio 1912 stabiliva finalmente, che il titolo di Signore non
fosse piú confermato nella successione, anche se si trattava ormai di un titolo
prettamente onorifico. Sotto il Re Alfonso XIII alcune delle vecchie Signorie e
Baronie furono mutate in Contee. Anche sotto il Regime di Franco venne usata
suddetta pratica. Attualmente nel Regno di Spagna non esiste piú il titolo di
barone. Sole eccezioni sono poche antichissime Baronie come quelle di Gotor e di
Illueca. Rispetto al titolo di Signore mi sia concesso far presente
marginalmente, che l’attuale monarca spagnolo D. Juan Carlos de Borbon y Borbon,
( che tra l’altro si fregia del titolo „Signore di Viscaglia e di Molina“)
ne ha riconosciuto tacitamente il valore, nominando all’atto della sua
incoronazione la figlia del Generale Franco come Duchessa di Franco (nomina del
26.11.1975), mentre onorava la vedova del defunto Capo di Stato, D. Carmen Polo
y Martines Valdés, con Grandezza di Spagna e col titolo di Signora de Meirás
(nomina del 26.11.1975). Lontani da tutte le polemiche dei secoli seguenti nel
medioevo spagnolo della Riconquista il titolo di “signore” era connesso
all’effettivo potere su un territorio .
Non ci sorprende quindi che un Visconte di Bearne, ostenti suddetto titolo. A
conclusione della mia parentesi mi sia concesso ricordare che l’eroe nazionale
spagnolo della riconquista, Rodrigo Diaz de Vivar ancora oggi é vivente nella
storia come “Il Signore” per eccellenza : ( in arabo ) „el Cid“.
Ancora Mugnos [3]ci riferisce che, secondo Zurita, il figlio (di Gaston de
Bearne??) Guerao fu per le sue virtú stimatissimo dai Re Giacomo e Pietro. Egli
asserisce che fu “castellano di Purpugnano ( Perpignan)“, carica ch’egli
ebbe confermata del re Giacomo II.
Purtroppo non siamo riusciti a trovare il suddetto passaggio negli Annali di
Zurita. Presupponiamo che Mugnos non abbia conosciuto direttamente l’opera
citata. D’altra parte é vero che un membro della famiglia Zaragoza era
castellano di Perpignan. A pagina 598 degli annali del Regno di Aragona
leggiamo:
“..sin poner más dilación en ello el rey envió en el mismo istante a Don
Felipe de Castro y al Almirante Don Pedro de Moncada a Elna, para que pidiésen
al rey de Mallorca que les mandase entregar la villa y el castillo de Perpiñan y
se pusiesen en él los pendones reales: Y ya el rey de Mallorca había mandado de
palabra a un caballero que tenía cargo del castillo , que se decía mosén
Zaragoza que le entregase y a los jurados de Perpiñan“.
Anche il figlio di Guerao , Garzi (o Garcia) fu un gran Cavaliere che serví il
suo re in molte guerre.
Pedro Zaragoza fu governatore dell’isola di Djerba per incarico del re Federico.
Ancora Zurita a pagina 393 dell’opera citata riferisce:
“Los capitanes de las galeras genovesas vendieron las armas que tomaron, a
los moros y se volvieron al Rey Roberto, y don Ramon, visto que no era parte
para defender el castillo, se salió de la isla y se pasó a Sicilia; y quedaron
los del castillo en desasperación de poder ser socorridos. Y entonces los moros
de la isla volvieron sobre él , y fué tan reciamente combatido que le entraron y
mataron la mayor parte de la gente, y apedrearon mosén Pedro Zaragoza, que el
rey Fadrique tenía por alcaide y gobernador y a un hijo suyo…
Suddetta storia viene riferita anche da Tommaso Fazzello:
“Tennero i Saracini fissa nel cuor l’ingiuria e dissimularono il conceputo
sdegno tanto che tornassero al Gerbe.Tornati che furono sollevarono il popolo a
liberarsi dalla servitú di Federico e datisi al re di Tunisi, assediarono i
cristiani, che s’eran giá ritirati nella fortezza. Avendo avuto Federico
certissimo avviso di questa ribellione, mandó subito cinque galere al soccorso
dei suoi, ed altri legni con munizione, guidati da Raimondo Peralta: il qual
accostatosi alla fortezza, uscí fuori di galera, assaltó i Saracini, disfece le
loro trincere,gli mandó in rotta ed entró dentro col soccorso, e rinfrescati i
difensori diede loro animo alla difesa. I Saracini perduti d’animo s’eran
deliberati di tornar all’obedienza di Federigo: ma in questo tempo Martino Cossa
nato in Ischia fu mandato al Gerbe con sedici galere dal Re Ruberto, e fatta
lega coi Saracini, assedió con loro la fortezza ed avendo preso due galere di
Raimondo di cinque, ch’ei ne aveva, ed altri legni fece una grande strage dei
Siciliani e vendé per denari ai Saracini tutte le armi, tutte le macchine e le
munizioni, ch’egli aveva trovato sopra i legni siciliani, acciocché se ne
potessero servire contro i Cristiani, dopo la qual impresa se ne tornò a Napoli,
menando al re Ruberto sfacciatamente i prigioni e l’altra preda acquistata in
cosí brutta, nefanda ed ingiustissima guerra.Raimondo ancora perduta la speranza
di far cosa buona , uscí segretamente fuori dalla fortezza, lasciandovi dentro i
difensori e se ne toró in Sicilia con tre galere. I Saracini intanto , ajutati
da questa occasione ripresero le forze ed assediarono piú gagliardamente la
fortezza, ammazzando molti dei difensori, tra i quali fu Pietro Sarroca, il qual
era giá stato fatto capitan di quella fortezza dal Re Federico”
La contraddizione tra Fazello e Zurita nella persona del governatore di Djerba é
solo apparente, anzi ci conferma che Pietro ZARAGOZA era un membro della
famiglia di Perpiñan. Jeronimo Zurita ci tramanda infatti che la fortezza di
suddetta cittá, sotto i re di Mallorca, era chiamata “Castillo de `Sá Roca“.
Dalla citazione precedente sappiamo che i Zaragoza erano castellani della
fortezza di Perpignan.
Ancora Zurita[4] riferisce che Antonio Zaragoza fu spedito dal popolo del ducato
d’Atene e Nuova Patria come Ambasciatore presso il re d’Aragona.
“y los de la ciudad de Atenas enviaron el suyo que se decía Antonio Zaragoza
a suplicar el rey que los recibiese en su obediencia y les confirmase los
privilegios que tenian de los reyes de Sicilia“.
Il ramo spagnolo della famiglia Zaragoza si é tramandato fino al giorno d’oggi.
Nella Gran Enciclopedia de la Region de Valencia leggiamo:
Liñaje que, procedente de Aragón, pasó al País Valenciano en el siglo XIII.
El apellido Zaragoza, por influencia de la lengua catalana hablada en el País
Valenciano, aparece escrita en los documentos Çaragosa, Çaragoca, Çaragossa,Saragosa
y Saragossa, pero llevando antepuesta la preposicion ” de”…….. En el ano
1273 está documentada Pascasia de Zaragoza en Alcira. En 1276 Sancho de Zaragoza
era correo del rey Jaime entre Játiva y Conflent (Ulteriore testimonianza della
presenza dei Saragosa nel territorio del Rossellon.) Del apellido Zaragoza hubo
casa solár en Villajoyosa, desde donde pasó a Alicante, Benidorm,i Altea y otros
lugares. ……En 1622 se concedió titulo de noble al capitan Francisco de
Caragosa. En 1632 se concedió privilegio militar de caballeria a Jacinto de
Caragosa y Puig de Pasques, de Sagunto comisionando para que se armase caballero,
y en el mismo año se le concedió título de noble……..los Zaragozas estuvieron
insaculados para los cargos de gobierno en Alicante como ciudanos y generosos;
tambien lo estuvieron en Villajoyosa y Alcalá de Chivert en qualidad de ciudanos….
.Sus Armas:en campo de azul una faja de oro accompanada arriba de un castillo de
plata y bajo, de una.” grulla de plata vigilante, con una piedra en la garra
derecha
In Internet www.blasonari.com
leggiamo le seguenti notizie:
Zaragoza, Zaragossa o Saragossa es el mismo linaje pero con distinta grafía.
Aragonés. Apellido originario de Aragón. Una rama pasó a Fulleda, en la
provincia de Lérida, donde fundó nueva casa. También hubo casas en Cataluña,
Baleares y Valencia apellidándose Zaragossa o Saragossa.
Francisco Zaragossa, Doctor en ambos Derechos, obtuvo privilegio de Ciudadano
Honrado de Barcelona, dado por don Felipe II, en Monzón, el 2 de diciembre de
1585.
El Capitán Francisco Zaragossa, del Reino de Valencia, obtuvo privilegio de
Noble, dado en Madrid, por don Felipe IV, el 26 de mayo de 1622.
Carlos de Zaragoza, natural de Palermo, ingresó en la Orden de Alcántara, en
1626[5].
Francisco Zaragossa y Puig de Pasques, natural de Murviedro, fue agraciado con
el privilegio de Caballero del Reino de Valencia, dado por Felipe IV, en Madrid,
el 22 de febrero de 1634.
Jacinto Zaragossa y Puig de Pasques obtuvo también privilegio de Caballero, dado
por el mismo soberano, en Madrid, el 28 de enero de 1632, y de noble el día
siguiente.
Luis Zaragoza y Carbonell, natural de Silla (Valencia), religioso, Rector de
Ares en 1644 y de Silla en 1645, probó su nobleza para ingresar en la Orden de
Montesa, en 1639.
Octavio Zaragoza y Corceto , natural de Palermo (Italia), probó su nobleza para
ingresar en la Orden de Santiago, en 1673[6].
Manuel Zaragoza y Failde, natural de Betanzos (La Coruña), ingresó en la Real
Compañía de Guardias Marinas, en 1812
Probaron su nobleza ante la Real Chancillería de Granada, en los años que se
indican: Ginés y Juan Zaragoza, vecinos de Hellín (Albacete), en 1500; Manuel de
Zaragoza, vecino de Gabia la Grande (Granada), en 1694; Juan de Castilleja, hijo
de Nicolás de Zaragoza y nieto de Juan Rodríguez de Zaragoza, vecino de Uclés (Cuenca),
en 1525, y Juan de Zaragoza Heredia, vecino de Hellín, en 1716.
Fray Miguel de Zaragoza, natural de Albalate, probó su nobleza para ejercer el
cargo de Calificador ante el Santo Oficio de la Inquisición de Guatemala, en
1787. Era hijo de Miguel de Zaragoza y de María Alfonso; nieto paterno de Miguel
de Zaragoza y de Jerónima Gasco, y nieto materno de Miguel Alfonso y de Teresa
Torres, todos naturales de Albalate.
También litigaron su nobleza para ejercer cargos ante el Santo Oficio de la
Inquisición de Valencia: Bautista Zaragoza Gilberto Munjos y López, natural de
Algemesí (Valencia), para Familiar, en 1630, y su mujer Esperanza Puig y
Torremocha, natural de Algemesí; Ignacio Zaragoza Vidal Mañes y Ebrí, natural de
Alcalá de Chivert (Castellón), para Familiar, en 1715, y su mujer María Vilanova
y Seguer, natural de Alcalá de Chivert; Jaime Zaragoza Molner Albella y
Castellet, natural de Torreblanca, para Familiar, en 1736, y su mujer Laureana
Fabregat y Salvador, natural de Torreblanca, para Familiar; F. José Zaragoza
Zaragoza Vilanova y Boix, natural de Alcalá de Chivert, para Calificador, en
1667; Lorenzo Zaragoza Cebolla Carbonell y Moliner, natural de Nules (Castellón),
para Familiar, en 1652, y Tomás Zaragoza Anglés Coscollano y Fresquet, natural
de Meliana (Valencia), para Familiar, en 1672, y su mujer Catalina Maiques y
Campillo, natural de Biar (Alicante).
Agustina Zaragoza Doménech, heroína de la guerra de la Independencia, alcanzó
privilegio de nobleza personal como defensora que fue de Zaragoza en sus dos
memorables sitios, en el año 1810. Jacinto Oliver de Botaller y Zaragoza Jordá y
Puig de Parqués fue creado Marqués de Oliver por el Archiduque don Carlos de
Austria en 1724.
En Alicante, procedían los Zaragoza de Aragón, de donde pasaron a Villajoyosa
como primeros pobladores en tiempos de la conquista del Rey don Jaime, y de aquí
a la ciudad de Alicante, donde fueron insaculados en bolsa de caballeros, siendo
Justicias y Primeros Oficios. Pedro de Zaragoza, contrajo matrimonio con Juana
Ángela Pascual, naciendo de esta unión: (1), Esperanza Zaragoza y Pascual,
bautizada en Alicante el 22 de enero de 1574, (2), Francisco Juan Zaragoza de
Heredia y Pascual, que sigue la línea, (3), Juan Zaragoza y Pascual, bautizado
en Alicante el 29 de junio de 1601, y ($), Jerónima Zaragoza y Pascual, casada
con Dominco Boacio, natural de Génova (Italia). Francisco Juan Zaragoza de
Heredia y Pascual, bautizado en Alicante el 22 de agosto de 1579, quien obtuvo
privilegio de nobleza el 26 de mayo de 1622, contrajo matrimonio en Alicante el
29 de junio de 1601 con Ana Nogueroles Y Masuch, de este matrimonio nació: (1),
Félix Zaragoza y Nogueroles, Capiscol; (2) Luisa Jacinta Zaragoza y Nogueroles,
bautizada en Alicante en marzo de 1610; (3) Pedro José Zaragoza y Nogueroles,
bautizado en Alicante en marzo de 1610, (4) Jacinta Hermenegilda Zaragoza y
Nogueroles, bautizada en Alicante el 31 de octubre de 1613, y (5) Jacinto
Zaragoza y Nogueroles, quien casó en Alicante en 1640 con Luisa Mauricia
Escorcia y Ladrón, de este enlace nacieron: Juan Bautista Zaragoza y Escorcia,
nacido en Alicante el 15 de mayo de 1645, y José Félix Jacinto Zaragoza y E
scorcia, nacido en Alicante el 17 de mayo de 1649.
Armas: Los de Aragón, traen: En campo de azur, una faja de oro, acompañada en lo
alto de un castillo, de plata, y en lo bajo, de una grulla, de plata, vigilante,
con una piedra entre las garras.
Armas: Los Zaragoza de Aragón, según Miguel de Salazar y Gregorio García Ciprés,
traen: En campo de azur, una banda de oro, acompañada en lo alto de un castillo,
de plata, y en lo bajo, de una grulla, de plata, vigilante, con una piedra entre
las garras.
Tenuto conto dello sviluppo fonetico del nome Zaragoza, esaminato nel testo
sopra citato, della forte presenza catalana in Sicilia non ci meraviglia che
suddetto cognome venga confuso con la città di Siracusa, che durante il regno
aragonese fu detta”Zaragoza“[7].Il Portolan Rizo[8], parlando dei porti
di Sicilia, annovera piú volte la citta di “Seragoxa“.
Ancora oggi nel dialetto siciliano é corrente la denominazione “Saragùsa”
sia per denominare la cittá, come pure per denominare la famiglia, come viene
anche documentato in alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Sciacca nei
quali si leggono chiaramente il nome di Costanza e Pero(Pietro) “Saragusa”
Anche lo stemma della famiglia dimostra la reale parentela del ramo spagnolo con
quello siciliano. Sia in Spagna che in Sicilia i Siracusa portano su campo
azzurro il castello d’argento, anche se in Spagna vengano aggiunte pezze
d’onore.
Dalla simbologia araldica conosciamo il significato di suddetto stemma. Marc’antonio
Ginanni[9] scrive nella Sua Arte del Blasone:
“Castello: …I castelli che sono composti di due, o piú torri fiancheggiate
d’antimuri,.. dimostrano nell’Arme Signoria di Vassalli, ovvero che il suo
Autore fosse Governatore di qualche Piazza…”
Il suddetto stemma fu comune a tutti i Siracusa di Sicilia, sebbene il Minutolo
scriva che uno dei rami portasse due fascie rosse in campo d’oro. Mugnos
attribuisce quest’ultimo stemma al ramo di Noto.
2. Il passaggio in Sicilia
“Fiorí assai nobile in Spagna, dice Palizzolo Gravina[10] la famiglia
Siragusa o Saragosa, cosí denominata da un cavaliere che primo di tutti da poter
de´Mori la fortezza della città di Saragosa d’ Aragona tolse. La portó in
Sicilia un Tommaso Siragusa, che fu barone di Vizzini 1283.“
Lunghissimo tempo, non ho avuto motivo di dubitare sulla correttezza della
datazione del passaggio della famiglia in Sicilia, dataci da Palizzolo Gravina.
Tenuto conto che Pietro d’Aragona fu incoronato Re di Sicilia nella chiesa di
Santa Maria Incoronata di Palermo il 30 agosto 1282, la datazione del passaggio
nel 1283 mi era sembrata abbastanza plausibile, anche se in contraddizione con
alcune citazioni del Mugnos., che mi avevano fatto presumere, che la famiglia
fosse stata presente nell’ Italia meridionale ancora prima del 1283.
Probabilmente essa ha avuto due passaggi, di cui il primo insieme a Carlo d’Angió
ed il secondo con Pietro d’Aragona.
Purtroppo non mi é stato possibile reperire le fonti originali citate dal Mugnos.
Una richiesta presso gli Archivi di Stato di Napoli, in merito ai citati
Registri della regia Zecca, ha avuto un esito totalmente negativo..
Fu l’asserzione di un solido storico contemporaneo a fare risorgere la tesi del
doppio passaggio.
Henri Bresc scrive infatti[11]
” une equipe nettement plus sicilienne encore lui succede en 1280-1282 sous
la conduite de Matteo Riso de Messine, le seul de six segreti lié aux
Amalfitains, ils sont six siciliens, dont cinq chevaliers (Palmerio Abbate,
Berardo Sclafani, Simone de Esculo, Giovanni Guercio, Giovanni Siracusa
chevaliers…..la mutation décisive a lieu…., en cette année 1279-1280…la”secrezia”est
assumé par un groupe, qui unit trois amalfitains…. a trois membres….de la
noblesse chevaleresque des cités siciliennes, Simone Fiumetta, Alaimo Barresi.
L’année suivante, c’est un vaste consortium de siciliens qui assure le
fontionnement de la “secrezia”: sept chevaliers, Giovanni Guercio, Giovanni
Siracusa, Palmerio Abbate etc…..
La datazione 1280 é ovviamente prima del 30 marzo 1282, data in cui scoppiarono
i Vespri. Ció rende le citazioni fatte dal Mugnos maggiormente plausibili:
–Rugerius de Siracusa straticotus Salerni 1275,
–Siracusa familia de Sicilia inter nobiles, qui pro fide Regis Caroli secundi
servanda fuerunt mortui“
Qui ovviamente si parla di gente fedele a Carlo secondo d’Angió. Anche la
successiva localizzazione di questo secondo ramo della famiglia nel territorio
della penisola, rafforza la mia tesi, che un ramo della famiglia, prettamente
angioino, risiedette a nord dello stretto di Messina. Ancora nel Mugnos
leggiamo:
-„Ricardus de Passanito pheudatarius, vir Trude de Siracusa.“
–Vincentius Carafe emit castrum Lacus Nigrus in Basilicata a Iohanne Siracusa“
–Jacobina de Siracusa uxor Iohannis de Aiello militis et filia quondam
Iordani de Siracusa, filii quondam Rugerij de Siracusa militis de Sicilia
succedit in dictis annui….“
Iordanus de Siracusa miles tenet Castra Casa Kalendae“
Sappiamo che Mugnos negli anni 1650-1670 per la compilazione del suo Teatro
Genologico si era servito degli archivi privati di parecchie famiglie siciliane
importanti. Nella storia della famiglia Beneventano egli scrive infatti: “Non
poco travaglio ho avuto quest’anni adietro, quando io deliberai di formar questo
mio teatro di famiglie nobili di Sicilia………..e di all’ hora in poi ho
richiesto a’ capi delle famiglie, le loro scritture autentiche, e Privilegiji,
sopra le quali, e dalle veridiche Historie ho formato il discorso delle
nobilissime famiglie, non scansando mai fatica per trovarle seriatamente negli
Archivi della regia cancelleria, uffici di protonotari del Regno e camera, e
d’altri archivi di notaro e Corte del Regno“.
Molti di questi archivi sono stati disgraziatamente perduti a seguito dei
diversi terremoti avvenuti in Sicilia o sono stati distrutti nelle diverse
rivoluzioni dal popolo, che temeva contenuti negli archivi le liste tributarie.
Da una pubblicazione della Sovraintendenza agli Archivi di Stato della
Sicilia[12] reperita casualmente alla Biblioteca di Stato di Berlino,
apprendiamo che un Ruggero di Siracusa era nel 1283 „Segreto e Maestro
portolano al di qua del Salso“. Ci é ignoto, se si tratti dello stesso
Ruggero, che Mugnos riferisce come Straticoto di Salerno nel 1275.
A pagina 547 del Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia[13] leggiamo il
seguente resoconto.:
….Introytus frumenti :…… Item vicesimo nono augusti, undecime
indictionis, apud Messana, a notario Rogerio de Syracusia, una cum sociis in
anno proximo preterito, undecime indict. (Secreto) et magistro procuratore citra
flumen Salsum, delatas ab Heraclea in Messanam cum quadam terida Curie, per
manus notarii Iohannis de Notario Philippo, nuntii sui, ad mensuram Messane
frumenti salmas trecentas quatuordecim et duodecim….….“
Presuppongo che il ramo angioino della famiglia trasferitosi nel territorio
della penisola si sia estinto, mentre il ramo aragonese rimasto in Sicilia , di
cui in questo studio ci occuperemo, ha sopravvissuto fino al giorno d’oggi,
diffondendosi dalla Sicilia in tutto il mondo.
Purtroppo una ricerca simile é condizionata dalla difficoltá d’accedere alle
fonti originali.. Richieste rivolte a diversi Archivi di Stato siciliani si sono
limitate all’invio di notizie contenute in manuali d’araldica correnti, come il
Palizzolo Gravina, Mango di Casalgeraldo, Mugnos etc. D’altro lato mi é
comprensibile suddetta reazione degli Archivi, impossibilitati di differenziare
tra le richieste poste a fine di studio e quelle innumerevoli di gente
desiderosa soltanto di dimostrare la propria origine nobiliare. Ad eccezione di
ricerche effettuate negli Archivi di Stato di Siracusa (a questo punto ringrazio
la Dr. Messina per il suo cortese appoggio), Palermo ed Agrigento la maggior
parte delle notizie é detratta dalle pubblicazoioni esistenti nella Biblioteca
di Stato di Berlino. Lo scopo di suddetti appunti era stato al principio quello
di dare agli Enti siciliani richiesti, una concreta visione del lavoro di
ricerca finora effettuato e dare anche un punto di riferimento relativo ai
periodi ancora poco documentati.
Fine assoluto del mio lavoro é un piccolo contributo nel grande mosaico della
complicata Storia della Sicilia. Cambi di dominazione, terremoti , rivoluzioni
etc. hanno purtroppo distrutto gran parte del patrimonio storico isolano. Senza
il lavoro di Filadelfo Mugnos che (anche se contiene qualche inesatteza) finora
é stato riconfermato generalmente dai documenti esaminati, non mi sarebbbe stato
possibile il lavoro finora condotto. L’importanza del Mugnos come autoritá
araldica siciliana ci viene palesemente dimostrata dai relativi passaggi nel
romanzo „I Viceré“ di Federico De Roberto.
Nei citati Archivi della corona d’Aragona, nel periodo dal 9 settembre 1282 al
26 agosto 1283, si fa riferimento a Ruggero di Siracusa, Segreto e Maestro
Portolano al di qua del Salso..
Da suddetti documenti apprendiamo che il 21 gennaio 1283 “Re Pietro da
facoltá a Ruggero di Siracusa, Segreto e Maestro Portolano al di quá del Salso,
di far figurare tra i conti del suo ufficio, once trenta da lui mutuate a Lupo
Ferrango de Luna, giá destinato alla custodia della terre di Siracusa, per parte
della Curia; al quale Lupo verrá poi dedotta la detta somma de quantitate
pecunie quam pro Gagiis suis est de nostra Curia recepturus”
Sotto XI Indizione datata Messina , 2 Febbraio 1283 leggiamo:
„Re Pietro fa noto a Notar Andrea di Castrogiovanni ed agli altri secreti,
che per sollievo degli afflitti siciliani ha condonato loro le collette solite
imporsi e i diritti di marineria: Pertanto non diano piú molestia ad alcuno per
siffatte gravezze. Similis facta fuit Rogerio de Siraguzia altero secretorum
ipsorum.Datum ut supra.“
Ugualmente da Messina il giorno 20 Aprile 1283 leggiamo:
“Nos Petrus dei gracia aragonum et sicilie Rex. presenti apodixa fatemur.
recepisse et habisse a te Raynaldo de Bonito una cum Bartholomeo de castellione.
Rogerio de Syracusia et andrea de castro Iohannis. Secreto magistro portulano et
procuratore sicilie citra flumen salsum. de pecunia ipsius Secrecie et
procurecionis tui et sociorum tuorum officii anni presenti undecime Indicionis,
que est per manus tuas ad generale pondus. uncias auri Centum. Quas predictas
uncias Bernardo de Sergalario fideli scriptori nostro in Camera nostra ex parte
nostre Celsitudinis pro solvendis stipendiariis nostris nobiscum morantibus
integraliter assignasti. und etc.Scriptum messane anno domini MCCLXXXIII mense
aprilis XX eiusdem XI Indicionis.Regnorum nostrorum aragonum annoseptimo sicilie
vero primo.
Eodem die facta est similis apodixa Rogerio de Syracusia Secreto de unciis
auri quadraginta.“
Berardus Syracusa fu alla fine del 1200 o agli inizi del 1300 Signore di
Collesano. Egli sposó Hilaria, figlia di Francesco I Ventimiglia, conte di
Geraci, con la quale generó due figli :
a) Franciscus
b) Iohannis
Lo stesso Berardo riferisce Bresc era possessore di una casa a Palermo.
Nell’esaminare il metodo arabo di costruzione detto “maramma” Bresc
scrive:
“La confiance devait être bien grande dans les qualités de ce mortier puisqu’en
1331 Messire Berardo Siracusa prévoit qu’on bâtira 54 mètres de longueur d’un
haut mur( 6 m.)dans son hôtel en pierres (sans doute taillées)....
Francesco appare secondo Mugnos in data 1327 nei Registri del Senato di Palermo
come Signore di Collesano[14], mentre di Iohannes si perde ogni traccia. Presumo
ch’egli (figlio cadetto) abbia tentato la propria fortuna a Siracusa.
Probabilmente si tratta della stessa persona, la cui morte fu descritta da
Michele da Piazza nella sua Cronaca degli anni 1336-1361.
Deinde procedentes,pervenerum ad domum cujusdam infidelis proditoris , nomine
Johannes de Syracusia, qui dicti capitanei erat assessor, et judex, quem ad
mansionem propriam non invenerunt,pro eo quod erat asconsus in quandam domo
cujusdam sacerdotis,; ad quam dum festini iterassent, ipsum duris diris ictibus
percusserunt, quare preceps fuit cadaver effectus.Quo mortuo, quendam alium
nomine *** de Savoya, eorum consocium finaliter trucidarunt, et certos alios,
quos in hoc opere scribere pretermicto“.
Dei Siracusa di Collesano si perdono le tracce. Collesano passó in seguito alla
famiglia Ventimiglia
Ancora Bresc scrive:
En 1339 Bartuchius Montaperto prenait en gabelle les fiefs de l’évêque de
Girgenti (Biblioteca Comunale di Palermo Qq H 6, f.542). De même , en 1345, l’évêque
de Cefalú louait Senescalco (Bonfornello) á Don Petrus de Syragusia, segneur de
Collesano( Archivio di Stato Palermo,Tabulario Cefalú, 112)..“
Dalla lettera del pretore e dei giudici di Palermo agli ufficiali e Baiuli di
Cefalú, Polizzi e Termini datata 9 Settembre 1349 apprendiamo che Giovanni
Siracusa negava di pagare al vescovo di Cefalú 14 onze per la locazione di
Bonfornello (Feudo di Siniscalco). Non esiste dubbio, che questo Giovanni
Siracusa, per quanto contemporaneo, non sia identico alla vittima della
rivoluzione siracusana contro i Chiramonte del 2 Maggio 1355. Nella lettera
citata é infatti chiaramente deducibile, che Iohannuciu de Siracusia era nipote
e successore di Pietro, primo locatario del feudo.
“Cuiusmodi peticione admissa ut consona racioni que de contractu locationis
dicti feudi facto dudum per prefactum dominum episcopum quondam domino Perri de
Siracusia militen avum dicti Iohannucii.…….
Anche dalle stesse lettere della cittá di Palermo apprendiamo( 12 sett.1349),
che la cittá di Palermo aveva risarcito al tesoriere Recupero Guidi il soldo
anticipato per i merceneri del castello di Misilmeri. Segue un dettagliato
resoconto dal quale apprendiamo, che Iohannes di Messina aveva ricevuto la somma
di 7 Tarí e 10 Grani come procuratore del condottiero Palmerio de Siracusa.
Vincenzo d’Alessandro in una annotazione del suo libro “Terra nobili e
borghesi nella Sicilia medievale” a pagina 155 (Annotazione 15) parlando del
notaio Simone del Giudice Fazio scrive: “Sulla sua attivitá professionale si
veda ad es. ASPSM perg. 146, doc. del 27 giugno 1349. Prima nell’estate 1343, lo
si trova incaricato dalla Corte Pretoriana (Pretore il miles Palmerio Abbate;
Giudici : Rainaldo de Milite giurisperito, Antonio de Afflitto, Nicola de
Tancredo giurisperito, Manfredo Bucca de 0rdeo, 0berto Aldibrandini, Nicola de
Arenzano) della ricognizione dei beni di Aloisia de Caltagirone, vedova del
nobilis Bernardo di Siracusa e debitrice di 105 onze nei confronti del miles
Riccardo Filangeri“.
Anche questa una traccia tra molte, che varrebbe la pena di seguire. Ovviamente
non si tratta dello stesso Berardo, incontrato prima a Palermo, sebbene pare
appartenere alla stessa famiglia, che lo stesso Vincenzo D’Alessandro
altrove[15] annovera come feudatari di Collesano e Carrubba..
Ritornando all’asserzione di Palizzotto Gravina, secondo la quale Tommaso
Siracusa fu nel 1283 Barone di Vizzini siamo certi della veridicitá di suddetta
asserzione. Il Feudo di Vizzini infatti appare nell’Adoamento dell’anno 1343
come feudo intero di proprietá di Nicoló de Siracusis. Poco dopo questo periodo,
il feudo passa in proprietá di Artale Alagona.
3. La presenza a Noto
Il ramo piú conosciuto della famiglia Siracusa é quello dei Baroni di Muxia e
dei loro discendenti. Giacomo Siracusa fu dal re Pietro nominato Maestro
Portolano di Palermo. Suo figlio Filippo , giá notaio a Messina, fu nominato
Governatore della cittá di Noto e in ricompensa dei suoi servizi , ottenne dal
Re Federico il feudo di Muscia. A lui successe il figlio Simone e a costui il
figlio Filippo che ebbe conferma del Feudo nel 1371.
Nei Capibrevi di Giovanni Luca Barbieri leggiamo:
Feudum vocatum Muxia in civitatis Nothi territorio positum per dominum Regem
Federicum cuiusdam notario Philippo de Siracusis Messanensis antiquitus
concessum extitit, quod notarius Philippus ipse vita sibi comite tenuit et
possedit, ipsoque deinde defuncto Simon de Siracusis dicti notarii Philippi
filius et heres de dicto Muxie feudo cum iuribus , redditibus et pertinenciis
suis prefato domino Rege Federico confirmacionem et de novo concessionem
assecutus fuit; de qua confirmacione ab eodem domino Rege oportunum emanavit
privilegium, quid exinde , cum prefatus Simon amisisse asservisset et dicti
domini Regis manibus hoc iuramento affirmasset, idem dominus Rex Federicus ad
iteram prefati Simonis supplicationem feudum Muxie antedictum cum dictis eius
iuribus prefato Simoni et suis heredibus de suo corpore legitime descendenttibus,
sub onere census terenorum trium annis singulis per se et dictos suos in
perpetuum heredes Regie Curie solvendo, suo cum alio oportuno privilegio iterum
confirmavit et de novo concessit, quemadmodum in dicto posteriori privilegio
regio in Regie Cancellerie registro anni 1371 in cartis 102 notato hec et alia
seriosius exprimuntur”
Alla morte di Filippo, la moglie Iacobina Pepi, che secondo le usanze di
Messina, era rimasta tutrice delle tre figlie Agnesa, Cara ed Agata , promette
la figlia maggiore Agnesa ad Antonio Salonia e conferma la vendita del feudo di
Muxia, libero di ogni onere, che era giá stata effettuata in vita dal marito,
come riferisce il contratto del notaio Maynicti de Villano di Messina del 28
Settembre del 1372.
In seguito, nel 1511, dopo la morte di Iohannes de Salonia senza figli e senza
testamento, la Curia rigetterá la richiesta d’investitura della sorella, sotto
il pretesto che la famiglia Salonia non aveva alcun diritto non avendo pagato
alla curia il censo stabilito all’atto della concessione. Oltretutto, essendo la
pretendente del Feudo monaca non era nella possibilitá di assumere oneri
feudali. Pertanto il feudo ritorna in possesso della Corona.
Una sorella del suddetto Filippo sposa, come riferisce Mugnos, Antonio
Beneventano:
“Antonio l’altro figlio del primo Matteo e fratello di Camillo, ch’ebbe per
moglie la figlia di Simone di Siragusa cavalier netino, con buonissima dote: era
quello Simone Barone del feudo della Mugia , e con molto decoro viveva,
nondimeno il predetto Antonio n’acquistó di sua moglia Giacomo e Giovan Filippo.”
Nicoló Siracusa , figlio del suddetto Simone e fratello di Filippo, visse nella
cittá di Noto. Dal Re Alfonso ottenne nel 1443 l’ufficio di Vice Ammirato del
Cargator di Vendicari, essendo il titolare Nicoló Speciali ammalato. Dopo il
decesso di Nicoló Speciali, l’incarico venne dato al di lui figlio e una volta
deceduto anche lui, nel 1474 Nicoló venne riconfermato come titolare di suddetta
carica.
Vincenzo Littara[16] ci tramanda:
“Ebbe ricchezze molto ingenti e fu dotato di non comune liberalitá. Aiutó
volentieri i suoi concittadini e sborsó forti somme a favore dei poveri e degli
edifici sacri. Fu lui a convogliare in cittá l’acqua della sorgente Runedi,
distante 4 miglia, che oggi fa zampillare molte fontane che raffigurano diversi
soggetti…….Egli gettó un ponte sul Tellaro, nei pressi di Bulcale e dotó la
chiesetta di S. Giorgio che si trovava nel suo palazzo, vicino al chiostro di S.
Domenico. Come ancor oggi attestano le opere pubbliche ed i ricordi dei vecchi,
fu uomo dotato di ogni virtú. Maritó le tre figlie con personaggi
ragguardevoli:Clara con Gaspare Aragona , signore di Avola(e dopo la morte di
questi con Aloisio Requescenz), Eleonora con Giovanni Landolina e Giovanna con
Giovanni Nava.
Costruí una cappella a S. Corrado dove oggi si adora la SS.Eucaristia. Li fino
ad oggi é rimasto il suo notevole sarcofago di marmo, benché abbassato due volte
per ordine dei vescovi. Nominó eredi Nicoló Antonio(che sposó Maria figlia di
Manetto Landolina ,signore di Burgio e Belliscala) e Pietro, signore di Cassaro..
I proventi della gabella (chiamata canna per il fatto che viene misurata
mediante cubiti di tessuto di lana messo in vendita) egli li donó in favore
delle nozze delle parenti povere e, in mancanza, anche delle altre. Tale gabella
, un tempo concessa in garanzia allo stesso Nicoló, fu poi riscattata dalla
stessa cittá il 2 Agosto 1574. Si desume da una nota a margine del contratto di
vendita, rogato il 7 agosto 1469 dal notaio Francesco Musco, i cui rogiti sono
elogiati da Francesco Giantommaso.
Fece testamento presso Giuliano Carobene e morí a Noto il 20 luglio 1491, mentre
era in carica come Giurato della cittá……Sulla sua tomba si leggeva questo
epitaffio:
STIRPE SIRACOSIA TUMULO JACET HOC NICOLAUS
QUI PATRIAM JUVIT MUNERE, CONSILIO
HOSPITIUM HOC VIVENS HAC CONDIDIT AEDE TONANTI,
UT POSSIT MORIENS HOSPES ADIRE JOVEM”
Nicoló Antonio , suo figlio compró nel 1479 dal Signorre d’Alcamo la Baronia e
Castello di Castelluzzo e nel 1482 prese “jure uxorio“, con
autorizzazione reale, il possesso della Baronia di Burgio, come erede universale
di suo suocero Mazziotta Landolina. Fu Capitano di Terrranova e nel 1491 della
cittá di Noto. Il 4 novembre 1506 ottenne il feudo di Rigilisi, come si puó
leggere nei citati Capibreve del Silvestre.
Il 18 Agosto 1503 sposó la figlia Margherita con Gaspare Ventimiglia,
primogenito di Francesco, signore di Buscemi.
Suo fratello Pietro fu cavaliere reale e nel 1504 Capitano di Noto. Sposó
Margherita Moleti e Spadafora, Baronessa della terra del Cassaro. Nei Capibreve
a pagina 66 leggiamo:
deinde vero prefata Margarita nupsit Petro de Siracusis et in anno 1492
obtinuit a quondam don Ferdinando de Acuña , tunc in Regno prorege, de dicto
feudo et castro Cassari debitam investituram notatam in libro anni 1491, f. 374.
In presentiarum vero currente anno 1510, dictum feudum cum castro Cassari per
dictum Petrum de Siracusis tamquam maritum et legitimum administratorem predicte
Margarite eius uxoris possidetur, dictumque feudum anno quolibet reddit.……
Incerto appare, anche secondo i suddetti Capibreve, che Pietro Siracusa abbia
posseduto anche la Baronia di Didini.
Indubitabile é invece il possesso dei Feudi di Xiridia e di Monastero. A pagina
323 dei citati Capibreve leggiamo infatti:
Item eodem in tempore Petrus de Siracusis baro Cassari, alterius feudi
scilicet Monasterii possessor, pro se suisque imperpetuum heredibus et
successoribus, que est larga forma, de ipso Monasterii feudo a dicto tunc
Prorege IIII. Februarij VIIII Indicionis 1505 investituram. in Regie Cancellarie
dicti anni libro in cartis 295 notatam, obtinuit……nam aliud feudum chiridia
in stricta forma concessum extitit.
Dal matrimonio dei suddetti Pietro Siracusa e Margherita Moleti e Spadafora
nacque come unica figlia Beatrice, sposatasi in seguito con Pietro Gaetani,
Barone di Sortino. E´questo il Ceppo della famiglia Gaetani divenuti in seguito
Principi del Cassaro.
I figli generati furono: Guido, morto insieme alla Madre il 10 Dicembre 1542,
come vittima del terremoto e Cesare progenitore del ramo cadetto dei Principi di
Cassaro.
A questo punto mi sia permesso chiarire un equivoco sorto probabilmente agli
inizi del XVII Secolo e tramandatoci sia dal Mugnos, che dai documenti esistenti
nel Fondo Gaetani Specchi, dell’Archivio di Stato di Siracusa. Sia Mugnos, che
un albero genealocico dei Gaetani del 1700, compreso nel citato fondo
Gaetani-Specchi, citano come moglie di Pietro Gaetani, Margherita Siracusa, (
che in realtá era stata sua suocera).
Il primo dubbio mi sorse leggendo la descrizione del terremoto del 1542 fatta
dal Fazzello. Citiamo in seguito sia il testo del Mugnos, che quello del
Fazzello:
Mugnos scrive[17]: Pietro primogenito successe al padre che ebbe per moglie
Margherita Siragusa, figlia di Pietro Siragusa , Signore della terra del Cassaro,
con la quale fece D. Guido, che morí d’improvvisa morte insieme alla madre in
quel gran terremoto seguito nel 1542, che calcó la metá del castello di Sortino,
morendogli la suddetta Margerita, Guidone ed altri trenta creati di casa,
perloché lo stato di Sortino e di Cassaro pervennero a Don Cesare, figlio
secondogenito. I feudi di Cassaro e Didini furono anticamente di Pietro Cassaro,
gentiluomo siragusano, che avendo morto senza figli, gli successe Anselmo
Spadafora, gentiluomo messinese, suo stretto parente, nel 1347 al quale pure
Regali suo figlio nel 1420; a costui il figlio Spada Spadafora nel 1453, al
quale il figlio Nicoló, che dopo la sua morte ne relevó il dominio suo figlio
Gianni Matteo, cognominato per la madre di Moleti, nondimeno per la morte di
colui senza figli sua zia Margherita, figlia del suddetto Nicola Spadafora
successe al nipote nel 1492 e si casó con Pietro Siragusa , gentiluomo netino ,
per la cui morte ella ne investí nel 1516 e dotó il Cassaro e Didini a sua
figlia chiamata anche Margherita, casata con il predetto Pietro Caetano, che
prese l’investitura nel 1519“.
A quanto pare il Mugnos non era a conoscenza diretta dei documenti relativi al
Cassaro esistenti nei processi d’Investitura del Protonotaro. Dalla visura dei
documenti constatiamo che:
Margherita Siragusa Moleti successe nel dominio del Cassaro “come figlia ed
erede di Giovanni Moleti e Spadafora“( Processo d’investitura 403 Busta 1486
degli Anni 1490-1497 Archivio di Stato di Palermo , Fondo Protonotaro)
figlia di Pietro Siragusa e di Margherita Moleti é “Beatrice Siracusa in
Gaetani, figlia unica ed erede universale di Margherita Moleti in Siracusa“(Processo
d’investitura 1252, busta 1499 dell’anno 1525, Archivio di Stato di Palermo,
Fondo Protonotaro)
Tommaso Fazzello, che si limita alla descrizione del Terremoto, scrive:
“Quasi in questo medesimo tempo,l’anno di nostra salute MDXLII, a´ 10.di
decembre, a 23 ore un gran terremoto scosse tutta la Sicilia, ma particolarmente
fu sentito nella valle di Noto.La cittá di Siracusa quasi tutta si scommosse, il
vescovado rovinó, ed il campanile del Duomo da quella parte ch’é volta a
Leontino, e che era piú alta dell’altre, rovinó, il qual poi in quella parte fu
rifatto dalla cittá , siccome si puó vedere nella sua inscrizione. Rovinarono in
oltre molte case per tutta la terra,. e massime in questa parte che si chiama
Maniace, e nel borgo dei Melfitani. Le mura della fortezza di Marietto si
ruppero quasi tutte, e la rocca detta Casanova tutta restó sconquassata: la
fonte d’Aretusa, ed i pozzi della cittá ebbero per molti giorni l’acque salate ,
e la fortezza del Castel di Sortino rovinando in un subito, ammazzó Beatrice
padrona di quel castello , ed uccise anco il suo figliolo maggiore chiamato
Guido con molte altre persone., e i corpi loro furono trovati dopo alquanti
giorni sotto i monti di sassi. Mario Ajuto da Sortino fu ritrovato vivo dopo tre
giorni sotto alle rovine, perché certi travoni l’avevan salvato, e gli avevan
come dir fatto un parapetto, ancorché per tutto il corpo fusse ammaccato e
rotto…..”
A quanto pare il castello di Cassaro non subí nel 1542 gravi danni. Da quanto ci
risulta Cassaro fu totalmente distrutto dal terremoto del 1693. Finora non siamo
riusciti a trovare incisioni o altro materiale grafico sui due Castelli. Secondo
informazioni ricevute , esiste nella chiesa di S. Sofia di Sortino un quadro
commissionato dal parroco Gurciullo nel 1749, raffigurante il paese di Sortino
prima del sisma del 1693. Una richiesta rivolta alla Sovraintendenza ai
monumenti, relativa a scavi di archeologia moderna condotti a Noto e Cassaro
venne evasa con la consueta mancanza di cooperazione spesso adottata da Enti
statali italiani, che dimenticano purtroppo che dovrebbero essere al servizio
del pubblico, delle cui tasse vivono. La pubblicazione sulla rivista „Kokalos“
degli anni 1980- 1989 laconicamente comunicata, non ha fornito purtroppo nessuna
informazione in merito.
Lo “Stato di Cassaro“, sito in Val di Noto, fu con decreto reale dell’8
marzo 1631 elevato a Principato. Secondo il Villabianca, Cassaro possedeva 273
fuochi e 886 abitanti. Aveva tre chiese appartenenti alla Diocesi di Siracusa .
Il Principe di Cassaro, che era anche Marchese di Sortino, doveva un tributo
militare di 21 Cavalli. 0vviamente il Villabianca si riferisca al nuovo paese,
costruito dopo il terremoto del 1693. Purtroppo non esiste descrizione di
Cassaro vecchia.
4. Il ramo cadetto di Sciacca e di Palermo
Marco Siracusa, figlio del succitato Simone e fratello quindi di Nicoló Antonio,
ottenne dal Re Giovanni nel 1477 il diritto d’estrarre 1200 Salme di frumento
annuali dal Cargator di Vendicari. Egli sposó Liviella Tagliavia , dei
Signori di Castelvetrano. Dal loro matrimonio nacque Girolamo (Jeronimo), che fu
Capitano di Sciacca nel 1516 e 1532, Jacopo e Sigismondo. Dal matrimonio di
Gerolamo con Simonetta Lucchese nacquero:
1. Marco, che sposó Francesca Tagliavia
2. Dr. Antonio, che si trasferí a Palermo
3. Giovanni Pietro, che fu giurato di Sciacca nel 1538 e coinvolto attivamente
nel “secondo Caso di Sciacca“. Di Marco Siragusa come pure di Gian Pietro
si perdono le traccie. Probabilmente sono loro i progenitori del ramo della
famiglia vivente nella provincia di Agrigento.
Dalla Genealogia dei Perollo nell’opera di Mugnos apprendiamo,che Giovanni
Perollo Barone di Pandolfina sposó Maria Siracusa e che Pietro Perollo Barone di
S. Bartolomeo ebbe come consorte N. Siragusa .
Finora non ci é stato possibile esaminare il ricco fondo documentario relativo
alla famiglia, esistente nell’Archivio di Stato di Sciacca.
Presumo che Gian Pietro e Marco siano stati esiliati a seguito degli eventi
conosciuti come primo e secondo caso di Sciacca[18]. Suddetta supposizione viene
appoggiata del fatto che in quasi tutti gli atti notarili esistenti compare
Sebastiana Tagliavia , come moglie e procuratrice di Giovanni Pietro.
Il 1529, anno del famoso Caso di Sciacca, può essere assunto come il momento di
una tragica cesura tra un periodo di splendore, in cui la città vantava di
ospitare quaranta famiglie baronali, e uno di decadenza. Dopo lo splendore,
l’improvviso declino determinato dalla fuga e dall’esilio in seguito al tragico
caso.
Il CASO DI SCIACCA con i suoi lutti e le sue rovine segna lo spartiacque epocale
della storia di Sciacca e di molte famiglie saccensi nell’ età moderna.
Alla crisi economica, seguita alle distruzioni e alle uccisioni; allo
spopolamento e agli esili delle famiglie maggiormente compromesse nella guerra
civile, corrisponde la decadenza nel campo dell’arte in genere e
dell’architettura in particolare, sia civile sia religiosa
Il Dr. Antonio si trasferí a Palermo dove ricoprí diverse importanti cariche. Fu
Giudice della regia Corte pretoria negli anni 1542, 1543, 1547 e 1548. In
seguito fu giudice del Regio consistorio nel 1550 e 1554. Nel 1558 fu dal re
Filippo II nominato Presidente del Supremo Consiglio d’Italia alla Corte
spagnuola. Probabilmente sposó in prime nozze nel 1543 Desiata de Liparia e in
seconde nozze nel 1546 Beatrice di Peralta, come ci fanno presumere due
contratti matrimoniali conservati nell’Archivio di Stato di Sciacca. I suoi
figli furono:
1. Gian Martino,che cadde nel 1560 nella battaglia di Djerba,
2. Dr. Carlo, che studió giurisprudenza e dal Re Filippo II fu nominato avvocato
fiscale del Real Patrimonio. Dalle opere inedite sulla cittá di Palermo cura
dell’abbate Gioacchino di Marzo apprendiamo che forse uno dei suoi discendenti
abitava in via della Bandiera:
.. e si esce nella strada della Bandiera la quale tira sino a S.Sebastiano:Da
man destra vi é la casa dei Termini con una superbissima torre, quasi la piú
alta di Palermo (Palazzo dei duchi di Pietratagliata, giá dei Principi di
Casteltermini) e dopo quella la casa del Dr. Carlo Siragusa.….”
Secondo una recente lettera del Prof. Gioacchino Lanza Tomasi, autore del libro
“Palazzi di Sicilia” suddetta casa sará stata probabilmente distrutta
nell’epoca umbertina.
Giacomo Siragusa, figlio del Dr. Carlo fu Maestro Segreto del Regno, procuratore
generale ,Capitano d’armi e giurato di Palermo negli anni 1564 , 1587, 1595 e
1596. Fu anche Visitatore dei Cargatori reali, ufficio che generalmente
viene svolto dai Maestri portolani,. Questo durante l’assenza di Vincenzo
Spinola, Maestro Portolano di Palermo. Fu finalmente Giudice del Consistorio.
Sposó Maria Spinola, figlia del citato Vincenzo.
Da questo matrimonio nacque il figlio Carlo, che ancora giovane, con autoritá
viceregia, sostituí il padre ammalato nel 1614 come Maestro Segreto.Dopo la
morte del padre nel 1615 ebbe confermata suddetta carica. Carlo serví moltissimi
anni come ufficiale della fanteria spagnola e fu dal re Filippo II nominato
Cavaliere dell’Alcantara. Sposó Porzia Corsetto del Tignoso, sorella di 0ttavio
Corsetto, Duca di Castel di Mirto e Conte di Villalta. Da suddetto matrimonio
nacquero:
1.Pietro
2.Giacomo (diventato gesuita)
3.Ottavio (futuro erede universale dei Corsetto)
4.Orietta, che si sposó in casa 0ppezinga di Palazzo Adriano
5.Maria coniugata Boccadifuoco.
Ottavio Siracusa e Corsetto divenne erede universale dello zio 0ttavio. Prese
l’investitura dei titoli conte di Villalta e Barone di Sciaccati come risulta
dai processi d’investitura Nr. 6195 busta 1617 e 6236 busta 1617 entrambi
dell’anno 1673 conservati nel Fondo Protonotaro dell’Archivio di stato di
Palermo.
Non ci risulta ch’egli abbia presa l’investitura del titolo di Duca di Castel di
Mirto. Di suddetto titolo verrá in seguito richiesta l’investitura da un membro
della famiglia Stella, come legittimi eredi di Orietta Boccadifuoco nata
Siragusa. Ottavio va nel ruolo dei Deputati del Regno nel 1680 . Fu anche nel
1676 Capitano Giustiziere di Palermo. Inerente alla Sua persona esiste nella
Biblioteca Comunale di Palermo un Manoscritto (Qq E 17 n. 15) col titolo “Allegationes
pro illustri d. 0ctavio Syracusa comite Villaltae , contra partitarios gabellae
tarenorum sex pro quolibet cantareo olei“. Sposó Elisabetta Bonanno e Marino
figlia di Giacomo, Principe di Roccafiorita. Morto senza prole, gli successe il
nipote Francesco Maria 0ppezinga Siracusa, dei Baroni di Palazzo Adriano. Dal
Diario di Palermo del Villabianca, conservato nella Biblioteca comule,
apprendiamo la morte di Giuseppe Stella, figlio minore dei furono Antonio Stella
e Giglio ed 0rietta Boccadifuoco e Siracusa, marchesi della Gran Montagna e
baroni di Bonagia. Sicuramente si tratta di un pronipote di 0ttavio Siracusa
Corsetto. Sappiamo dal Villabianca, che il titolo di duca di Casteldimirto passó
in seguito alla famiglia Stella.
Archivio di Simancas: Documento di concessione del Titolo di Conte di Villalta
ad 0ttavio Corsetto.
Conclusione
Concludo la mia ricerca effettuata finora sulla famiglia Siracusa. Naturalmente
varrebbe la pena seguire, anche nei secoli seguenti, lo sviluppo e le migrazioni
avvenute in tutto il mondo.
Altri rami della famiglia esistono, anche se meno noti, nella Provincia di
Trapani, Agrigento e Messina.
Esaminando le strutture comunali(Mastre Nobili) del territorio di Castroreale e
Milazzo incontriamo alcuni membri della famiglia[19] .
A Castroreale nel 1756 figurano:
1. Giovanni Siracusa di anni 47,
2. Francesco Valveri Siracusa, preconservadore della 5. mastra nobile
3. Antonio Siracusa, luogotenente del Capitanio del Santo Ufficio.
A Milazzo nel 1705-1798 figurano:
1. Dr. Paolo Siragusa
2. D. Ignazio Siracusa, defunto
3. D.Saverio Siragusa
4. D.Francesco Siragusa
5. Filippo Neri Proto Siragusa
Ringrazio a questo punto postumamente i miei buoni amici e confratelli Francesco
Enrico di Borbone, duca di Sevilla, Paolo Alfonso Principe di Metternich
Winneburg e Lupold von Abercron, per avermi sempre incoraggiato a scrivere per i
miei nipoti, nati in Germania, questo modesto contributo nella ricerca delle
proprie radici.
Anche se nel corso dell’0ttocento la famiglia Siragusa abbia seguito il destino
comune a molte famiglie nobili siciliane, perdendo gradualmente d’importanza,
essa ha dato personaggi noti nel mondo della cultura ( Giovan Battista Siragusa)o
nel mondo dell’arte ( gli scultori Santi[20] e Federico Siragusa)[21].
Sul Monumento dei caduti dedicato dalla cittá di Gela ai propri figli ,decorati
con la Medaglie d’oro, si legge il nome del Tenente Giulio Cesare Siracusa,
caduto sul fronte russo, nella seconda guerra mondiale.
Da ricerche bibliografiche diverse sappiamo che la famiglia attualmente é ben rappresentata negli stati Uniti[22] e nell’America del Sud: un José Siracusa pare abbia scritto in Argentina una Monografia su Garcia Lorca (notizia ricevuta recentemente dal direttore dell’Istituto hispano americano della Biblioteca di Stato a Berlino)
Dr. Giuseppe Siracusa (maggio 2004)
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