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 Dr. Giuseppe Siracusa La famiglia Siracusa Una famiglia spagnola nella Sicilia dei sec. XIII-XVII 1. Le radici spagnole

La famiglia Zaragoza mutatasi in seguito in Siragusa oppure Siracusa pare, secondo Mugnos, che sia originaria dalla omonima cittá nel Regno d’Aragona e cosí cognominata da un cavaliere, che per primo tolse la rocca di suddetta cittá dalle mani dei Saraceni. Se diamo fiducia all’asserzione di Mugnos, che pare appoggiata da Girolamo Zurita, il progenitore di suddetta famiglia fu Gastone Visconte di Bearne, che a ricompensa dello sforzo effettuato nella riconquista di Zaragoza (nell’anno 1118), ottenne dal re d’Aragona il titolo di „Signore di Zaragoza“. A pagina 144 degli Annali leggiamo infatti: “En la toma de esta ciudad gratificó el imperador a los ricos hombres y caballeros que le sirvieron en la guerra; y porque entre todos fue muy señalado el esfuerzo y constancia de Gaston Vizconde de Bearne,le hizo mercéd de la parte de la ciudad que era habitada para cristianos, quando los moros la poseían, que eran ciertos barrios de la parroquia de Santa Maria la mayor. Y túvola el Vizconde con la Vizcondesa D. Teresa su mujer y Centullo su hijo en honor, intitulandose Señor de Zaragoza como era costumbre“[1] A questo punto mi sia permesso aprire una parentesi, che ritengo necessaria. Nella Spagna della Riconquista non si conoscono molti titoli nobiliari. Sebbene nelle zone di confine con la Francia (Rossellon) esistano titoli d’origine francese ( come quello di Visconte). la Spagna medievale conosce nel regno d’Aragona solo i Magnati ( Ricos hombres), e i Baroni (Varones = Primogeniti). Al posto dei Baroni nel regno di Castilla sono i Signori. Sia il Barone che il Signore sono feudatari investiti in capite. In realtá sia la Signoria che la Baronia siculo-spagnola sono Stati feudali , quasi indipendenti, in seno al Regno. La complessitá di suddetta posizione é stata nei secoli seguenti oggetto di polemiche giuridiche con risultati addirittura paradossali. Nella letteratura storica siciliana il termine di Baronia si confonde spesso con quello di “Stato“. Il Barone siciliano gode spesso il privilegio del “mero e misto imperio” e abusa del potere sottraendosi al controllo della corona. Suddetta posizione viene rispecchiata da una scurrile sentenza. Negli anni 40. del secolo XVIII, l’avvocato Carlo di Napoli riuscí a vincere una controversia sorta tra il suo cliente, Principe di Cassaro ed il paese di Sortino, che voleva riscattarsi e ritornare in seno al regio demanio, con l’argomentazione che i baroni siciliani non erano vassalli bensí “commilitones” dei re normanni, avendo ricevuto per il proprio contributo personale parte dei diritti del sovrano[2]. Naturalmente i sovrani spagnoli hanno piú volte tentato di limitare i poteri delle antiche Baronie come pure di abolire le Signorie. Purtroppo fino ai giorni d’oggi senza seguire una chiara linea. Giá Filippo II con la legge del 23 Settembre 1595 aveva disposto che nessuno potesse nel futuro titolarsi come Barone, senza essere stato espressamente autorizzato dalla corona a usare suddetto titolo. Anche il titolo di Signore fu oggetto di parecchi tentativi reali al fine di limitarne il potere. Il primo tentativo avvenne con l’abolizione del Re Fernando VII (Cedula del 6.8.1811 confermata nuovamente il 15.9.1814) . Sia questo tentativo, come pure la abolizione con decreto reale del 2.2.1837, non ottennero realmente una totale attuazione. La legge del 27 Maggio 1912 stabiliva finalmente, che il titolo di Signore non fosse piú confermato nella successione, anche se si trattava ormai di un titolo prettamente onorifico. Sotto il Re Alfonso XIII alcune delle vecchie Signorie e Baronie furono mutate in Contee. Anche sotto il Regime di Franco venne usata suddetta pratica. Attualmente nel Regno di Spagna non esiste piú il titolo di barone. Sole eccezioni sono poche antichissime Baronie come quelle di Gotor e di Illueca. Rispetto al titolo di Signore mi sia concesso far presente marginalmente, che l’attuale monarca spagnolo D. Juan Carlos de Borbon y Borbon, ( che tra l’altro si fregia del titolo „Signore di Viscaglia e di Molina“) ne ha riconosciuto tacitamente il valore, nominando all’atto della sua incoronazione la figlia del Generale Franco come Duchessa di Franco (nomina del 26.11.1975), mentre onorava la vedova del defunto Capo di Stato, D. Carmen Polo y Martines Valdés, con Grandezza di Spagna e col titolo di Signora de Meirás (nomina del 26.11.1975). Lontani da tutte le polemiche dei secoli seguenti nel medioevo spagnolo della Riconquista il titolo di “signore” era connesso all’effettivo potere su un territorio . Non ci sorprende quindi che un Visconte di Bearne, ostenti suddetto titolo. A conclusione della mia parentesi mi sia concesso ricordare che l’eroe nazionale spagnolo della riconquista, Rodrigo Diaz de Vivar ancora oggi é vivente nella storia come “Il Signore” per eccellenza : ( in arabo ) „el Cid“. Ancora Mugnos [3]ci riferisce che, secondo Zurita, il figlio (di Gaston de Bearne??) Guerao fu per le sue virtú stimatissimo dai Re Giacomo e Pietro. Egli asserisce che fu “castellano di Purpugnano ( Perpignan)“, carica ch’egli ebbe confermata del re Giacomo II. Purtroppo non siamo riusciti a trovare il suddetto passaggio negli Annali di Zurita. Presupponiamo che Mugnos non abbia conosciuto direttamente l’opera citata. D’altra parte é vero che un membro della famiglia Zaragoza era castellano di Perpignan. A pagina 598 degli annali del Regno di Aragona leggiamo: “..sin poner más dilación en ello el rey envió en el mismo istante a Don Felipe de Castro y al Almirante Don Pedro de Moncada a Elna, para que pidiésen al rey de Mallorca que les mandase entregar la villa y el castillo de Perpiñan y se pusiesen en él los pendones reales: Y ya el rey de Mallorca había mandado de palabra a un caballero que tenía cargo del castillo , que se decía mosén Zaragoza que le entregase y a los jurados de Perpiñan“. Anche il figlio di Guerao , Garzi (o Garcia) fu un gran Cavaliere che serví il suo re in molte guerre. Pedro Zaragoza fu governatore dell’isola di Djerba per incarico del re Federico. Ancora Zurita a pagina 393 dell’opera citata riferisce: “Los capitanes de las galeras genovesas vendieron las armas que tomaron, a los moros y se volvieron al Rey Roberto, y don Ramon, visto que no era parte para defender el castillo, se salió de la isla y se pasó a Sicilia; y quedaron los del castillo en desasperación de poder ser socorridos. Y entonces los moros de la isla volvieron sobre él , y fué tan reciamente combatido que le entraron y mataron la mayor parte de la gente, y apedrearon mosén Pedro Zaragoza, que el rey Fadrique tenía por alcaide y gobernador y a un hijo suyo… Suddetta storia viene riferita anche da Tommaso Fazzello: “Tennero i Saracini fissa nel cuor l’ingiuria e dissimularono il conceputo sdegno tanto che tornassero al Gerbe.Tornati che furono sollevarono il popolo a liberarsi dalla servitú di Federico e datisi al re di Tunisi, assediarono i cristiani, che s’eran giá ritirati nella fortezza. Avendo avuto Federico certissimo avviso di questa ribellione, mandó subito cinque galere al soccorso dei suoi, ed altri legni con munizione, guidati da Raimondo Peralta: il qual accostatosi alla fortezza, uscí fuori di galera, assaltó i Saracini, disfece le loro trincere,gli mandó in rotta ed entró dentro col soccorso, e rinfrescati i difensori diede loro animo alla difesa. I Saracini perduti d’animo s’eran deliberati di tornar all’obedienza di Federigo: ma in questo tempo Martino Cossa nato in Ischia fu mandato al Gerbe con sedici galere dal Re Ruberto, e fatta lega coi Saracini, assedió con loro la fortezza ed avendo preso due galere di Raimondo di cinque, ch’ei ne aveva, ed altri legni fece una grande strage dei Siciliani e vendé per denari ai Saracini tutte le armi, tutte le macchine e le munizioni, ch’egli aveva trovato sopra i legni siciliani, acciocché se ne potessero servire contro i Cristiani, dopo la qual impresa se ne tornò a Napoli, menando al re Ruberto sfacciatamente i prigioni e l’altra preda acquistata in cosí brutta, nefanda ed ingiustissima guerra.Raimondo ancora perduta la speranza di far cosa buona , uscí segretamente fuori dalla fortezza, lasciandovi dentro i difensori e se ne toró in Sicilia con tre galere. I Saracini intanto , ajutati da questa occasione ripresero le forze ed assediarono piú gagliardamente la fortezza, ammazzando molti dei difensori, tra i quali fu Pietro Sarroca, il qual era giá stato fatto capitan di quella fortezza dal Re Federico” La contraddizione tra Fazello e Zurita nella persona del governatore di Djerba é solo apparente, anzi ci conferma che Pietro ZARAGOZA era un membro della famiglia di Perpiñan. Jeronimo Zurita ci tramanda infatti che la fortezza di suddetta cittá, sotto i re di Mallorca, era chiamata “Castillo de `Sá Roca“. Dalla citazione precedente sappiamo che i Zaragoza erano castellani della fortezza di Perpignan. Ancora Zurita[4] riferisce che Antonio Zaragoza fu spedito dal popolo del ducato d’Atene e Nuova Patria come Ambasciatore presso il re d’Aragona. “y los de la ciudad de Atenas enviaron el suyo que se decía Antonio Zaragoza a suplicar el rey que los recibiese en su obediencia y les confirmase los privilegios que tenian de los reyes de Sicilia“. Il ramo spagnolo della famiglia Zaragoza si é tramandato fino al giorno d’oggi. Nella Gran Enciclopedia de la Region de Valencia leggiamo: Liñaje que, procedente de Aragón, pasó al País Valenciano en el siglo XIII. El apellido Zaragoza, por influencia de la lengua catalana hablada en el País Valenciano, aparece escrita en los documentos Çaragosa, Çaragoca, Çaragossa,Saragosa y Saragossa, pero llevando antepuesta la preposicion ” de”…….. En el ano 1273 está documentada Pascasia de Zaragoza en Alcira. En 1276 Sancho de Zaragoza era correo del rey Jaime entre Játiva y Conflent (Ulteriore testimonianza della presenza dei Saragosa nel territorio del Rossellon.) Del apellido Zaragoza hubo casa solár en Villajoyosa, desde donde pasó a Alicante, Benidorm,i Altea y otros lugares. ……En 1622 se concedió titulo de noble al capitan Francisco de Caragosa. En 1632 se concedió privilegio militar de caballeria a Jacinto de Caragosa y Puig de Pasques, de Sagunto comisionando para que se armase caballero, y en el mismo año se le concedió título de noble……..los Zaragozas estuvieron insaculados para los cargos de gobierno en Alicante como ciudanos y generosos; tambien lo estuvieron en Villajoyosa y Alcalá de Chivert en qualidad de ciudanos…. .Sus Armas:en campo de azul una faja de oro accompanada arriba de un castillo de plata y bajo, de una.” grulla de plata vigilante, con una piedra en la garra derecha In Internet www.blasonari.com leggiamo le seguenti notizie: Zaragoza, Zaragossa o Saragossa es el mismo linaje pero con distinta grafía. Aragonés. Apellido originario de Aragón. Una rama pasó a Fulleda, en la provincia de Lérida, donde fundó nueva casa. También hubo casas en Cataluña, Baleares y Valencia apellidándose Zaragossa o Saragossa. Francisco Zaragossa, Doctor en ambos Derechos, obtuvo privilegio de Ciudadano Honrado de Barcelona, dado por don Felipe II, en Monzón, el 2 de diciembre de 1585. El Capitán Francisco Zaragossa, del Reino de Valencia, obtuvo privilegio de Noble, dado en Madrid, por don Felipe IV, el 26 de mayo de 1622. Carlos de Zaragoza, natural de Palermo, ingresó en la Orden de Alcántara, en 1626[5]. Francisco Zaragossa y Puig de Pasques, natural de Murviedro, fue agraciado con el privilegio de Caballero del Reino de Valencia, dado por Felipe IV, en Madrid, el 22 de febrero de 1634. Jacinto Zaragossa y Puig de Pasques obtuvo también privilegio de Caballero, dado por el mismo soberano, en Madrid, el 28 de enero de 1632, y de noble el día siguiente. Luis Zaragoza y Carbonell, natural de Silla (Valencia), religioso, Rector de Ares en 1644 y de Silla en 1645, probó su nobleza para ingresar en la Orden de Montesa, en 1639. Octavio Zaragoza y Corceto , natural de Palermo (Italia), probó su nobleza para ingresar en la Orden de Santiago, en 1673[6]. Manuel Zaragoza y Failde, natural de Betanzos (La Coruña), ingresó en la Real Compañía de Guardias Marinas, en 1812 Probaron su nobleza ante la Real Chancillería de Granada, en los años que se indican: Ginés y Juan Zaragoza, vecinos de Hellín (Albacete), en 1500; Manuel de Zaragoza, vecino de Gabia la Grande (Granada), en 1694; Juan de Castilleja, hijo de Nicolás de Zaragoza y nieto de Juan Rodríguez de Zaragoza, vecino de Uclés (Cuenca), en 1525, y Juan de Zaragoza Heredia, vecino de Hellín, en 1716. Fray Miguel de Zaragoza, natural de Albalate, probó su nobleza para ejercer el cargo de Calificador ante el Santo Oficio de la Inquisición de Guatemala, en 1787. Era hijo de Miguel de Zaragoza y de María Alfonso; nieto paterno de Miguel de Zaragoza y de Jerónima Gasco, y nieto materno de Miguel Alfonso y de Teresa Torres, todos naturales de Albalate. También litigaron su nobleza para ejercer cargos ante el Santo Oficio de la Inquisición de Valencia: Bautista Zaragoza Gilberto Munjos y López, natural de Algemesí (Valencia), para Familiar, en 1630, y su mujer Esperanza Puig y Torremocha, natural de Algemesí; Ignacio Zaragoza Vidal Mañes y Ebrí, natural de Alcalá de Chivert (Castellón), para Familiar, en 1715, y su mujer María Vilanova y Seguer, natural de Alcalá de Chivert; Jaime Zaragoza Molner Albella y Castellet, natural de Torreblanca, para Familiar, en 1736, y su mujer Laureana Fabregat y Salvador, natural de Torreblanca, para Familiar; F. José Zaragoza Zaragoza Vilanova y Boix, natural de Alcalá de Chivert, para Calificador, en 1667; Lorenzo Zaragoza Cebolla Carbonell y Moliner, natural de Nules (Castellón), para Familiar, en 1652, y Tomás Zaragoza Anglés Coscollano y Fresquet, natural de Meliana (Valencia), para Familiar, en 1672, y su mujer Catalina Maiques y Campillo, natural de Biar (Alicante). Agustina Zaragoza Doménech, heroína de la guerra de la Independencia, alcanzó privilegio de nobleza personal como defensora que fue de Zaragoza en sus dos memorables sitios, en el año 1810. Jacinto Oliver de Botaller y Zaragoza Jordá y Puig de Parqués fue creado Marqués de Oliver por el Archiduque don Carlos de Austria en 1724. En Alicante, procedían los Zaragoza de Aragón, de donde pasaron a Villajoyosa como primeros pobladores en tiempos de la conquista del Rey don Jaime, y de aquí a la ciudad de Alicante, donde fueron insaculados en bolsa de caballeros, siendo Justicias y Primeros Oficios. Pedro de Zaragoza, contrajo matrimonio con Juana Ángela Pascual, naciendo de esta unión: (1), Esperanza Zaragoza y Pascual, bautizada en Alicante el 22 de enero de 1574, (2), Francisco Juan Zaragoza de Heredia y Pascual, que sigue la línea, (3), Juan Zaragoza y Pascual, bautizado en Alicante el 29 de junio de 1601, y ($), Jerónima Zaragoza y Pascual, casada con Dominco Boacio, natural de Génova (Italia). Francisco Juan Zaragoza de Heredia y Pascual, bautizado en Alicante el 22 de agosto de 1579, quien obtuvo privilegio de nobleza el 26 de mayo de 1622, contrajo matrimonio en Alicante el 29 de junio de 1601 con Ana Nogueroles Y Masuch, de este matrimonio nació: (1), Félix Zaragoza y Nogueroles, Capiscol; (2) Luisa Jacinta Zaragoza y Nogueroles, bautizada en Alicante en marzo de 1610; (3) Pedro José Zaragoza y Nogueroles, bautizado en Alicante en marzo de 1610, (4) Jacinta Hermenegilda Zaragoza y Nogueroles, bautizada en Alicante el 31 de octubre de 1613, y (5) Jacinto Zaragoza y Nogueroles, quien casó en Alicante en 1640 con Luisa Mauricia Escorcia y Ladrón, de este enlace nacieron: Juan Bautista Zaragoza y Escorcia, nacido en Alicante el 15 de mayo de 1645, y José Félix Jacinto Zaragoza y E scorcia, nacido en Alicante el 17 de mayo de 1649. Armas: Los de Aragón, traen: En campo de azur, una faja de oro, acompañada en lo alto de un castillo, de plata, y en lo bajo, de una grulla, de plata, vigilante, con una piedra entre las garras. Armas: Los Zaragoza de Aragón, según Miguel de Salazar y Gregorio García Ciprés, traen: En campo de azur, una banda de oro, acompañada en lo alto de un castillo, de plata, y en lo bajo, de una grulla, de plata, vigilante, con una piedra entre las garras. Tenuto conto dello sviluppo fonetico del nome Zaragoza, esaminato nel testo sopra citato, della forte presenza catalana in Sicilia non ci meraviglia che suddetto cognome venga confuso con la città di Siracusa, che durante il regno aragonese fu detta”Zaragoza“[7].Il Portolan Rizo[8], parlando dei porti di Sicilia, annovera piú volte la citta di “Seragoxa“. Ancora oggi nel dialetto siciliano é corrente la denominazione “Saragùsa” sia per denominare la cittá, come pure per denominare la famiglia, come viene anche documentato in alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Sciacca nei quali si leggono chiaramente il nome di Costanza e Pero(Pietro) “Saragusa” Anche lo stemma della famiglia dimostra la reale parentela del ramo spagnolo con quello siciliano. Sia in Spagna che in Sicilia i Siracusa portano su campo azzurro il castello d’argento, anche se in Spagna vengano aggiunte pezze d’onore. Dalla simbologia araldica conosciamo il significato di suddetto stemma. Marc’antonio Ginanni[9] scrive nella Sua Arte del Blasone: “Castello: …I castelli che sono composti di due, o piú torri fiancheggiate d’antimuri,.. dimostrano nell’Arme Signoria di Vassalli, ovvero che il suo Autore fosse Governatore di qualche Piazza…” Il suddetto stemma fu comune a tutti i Siracusa di Sicilia, sebbene il Minutolo scriva che uno dei rami portasse due fascie rosse in campo d’oro. Mugnos attribuisce quest’ultimo stemma al ramo di Noto.

2. Il passaggio in Sicilia

Fiorí assai nobile in Spagna, dice Palizzolo Gravina[10] la famiglia Siragusa o Saragosa, cosí denominata da un cavaliere che primo di tutti da poter de´Mori la fortezza della città di Saragosa d’ Aragona tolse. La portó in Sicilia un Tommaso Siragusa, che fu barone di Vizzini 1283.“ Lunghissimo tempo, non ho avuto motivo di dubitare sulla correttezza della datazione del passaggio della famiglia in Sicilia, dataci da Palizzolo Gravina. Tenuto conto che Pietro d’Aragona fu incoronato Re di Sicilia nella chiesa di Santa Maria Incoronata di Palermo il 30 agosto 1282, la datazione del passaggio nel 1283 mi era sembrata abbastanza plausibile, anche se in contraddizione con alcune citazioni del Mugnos., che mi avevano fatto presumere, che la famiglia fosse stata presente nell’ Italia meridionale ancora prima del 1283. Probabilmente essa ha avuto due passaggi, di cui il primo insieme a Carlo d’Angió ed il secondo con Pietro d’Aragona. Purtroppo non mi é stato possibile reperire le fonti originali citate dal Mugnos. Una richiesta presso gli Archivi di Stato di Napoli, in merito ai citati Registri della regia Zecca, ha avuto un esito totalmente negativo.. Fu l’asserzione di un solido storico contemporaneo a fare risorgere la tesi del doppio passaggio. Henri Bresc scrive infatti[11] ” une equipe nettement plus sicilienne encore lui succede en 1280-1282 sous la conduite de Matteo Riso de Messine, le seul de six segreti lié aux Amalfitains, ils sont six siciliens, dont cinq chevaliers (Palmerio Abbate, Berardo Sclafani, Simone de Esculo, Giovanni Guercio, Giovanni Siracusa chevaliers…..la mutation décisive a lieu…., en cette année 1279-1280…la”secrezia”est assumé par un groupe, qui unit trois amalfitains…. a trois membres….de la noblesse chevaleresque des cités siciliennes, Simone Fiumetta, Alaimo Barresi. L’année suivante, c’est un vaste consortium de siciliens qui assure le fontionnement de la “secrezia”: sept chevaliers, Giovanni Guercio, Giovanni Siracusa, Palmerio Abbate etc….. La datazione 1280 é ovviamente prima del 30 marzo 1282, data in cui scoppiarono i Vespri. Ció rende le citazioni fatte dal Mugnos maggiormente plausibili: –Rugerius de Siracusa straticotus Salerni 1275, –Siracusa familia de Sicilia inter nobiles, qui pro fide Regis Caroli secundi servanda fuerunt mortui“ Qui ovviamente si parla di gente fedele a Carlo secondo d’Angió. Anche la successiva localizzazione di questo secondo ramo della famiglia nel territorio della penisola, rafforza la mia tesi, che un ramo della famiglia, prettamente angioino, risiedette a nord dello stretto di Messina. Ancora nel Mugnos leggiamo: -„Ricardus de Passanito pheudatarius, vir Trude de Siracusa.“ –Vincentius Carafe emit castrum Lacus Nigrus in Basilicata a Iohanne Siracusa“ –Jacobina de Siracusa uxor Iohannis de Aiello militis et filia quondam Iordani de Siracusa, filii quondam Rugerij de Siracusa militis de Sicilia succedit in dictis annui….Iordanus de Siracusa miles tenet Castra Casa Kalendae“ Sappiamo che Mugnos negli anni 1650-1670 per la compilazione del suo Teatro Genologico si era servito degli archivi privati di parecchie famiglie siciliane importanti. Nella storia della famiglia Beneventano egli scrive infatti: “Non poco travaglio ho avuto quest’anni adietro, quando io deliberai di formar questo mio teatro di famiglie nobili di Sicilia………..e di all’ hora in poi ho richiesto a’ capi delle famiglie, le loro scritture autentiche, e Privilegiji, sopra le quali, e dalle veridiche Historie ho formato il discorso delle nobilissime famiglie, non scansando mai fatica per trovarle seriatamente negli Archivi della regia cancelleria, uffici di protonotari del Regno e camera, e d’altri archivi di notaro e Corte del Regno“. Molti di questi archivi sono stati disgraziatamente perduti a seguito dei diversi terremoti avvenuti in Sicilia o sono stati distrutti nelle diverse rivoluzioni dal popolo, che temeva contenuti negli archivi le liste tributarie. Da una pubblicazione della Sovraintendenza agli Archivi di Stato della Sicilia[12] reperita casualmente alla Biblioteca di Stato di Berlino, apprendiamo che un Ruggero di Siracusa era nel 1283 „Segreto e Maestro portolano al di qua del Salso“. Ci é ignoto, se si tratti dello stesso Ruggero, che Mugnos riferisce come Straticoto di Salerno nel 1275. A pagina 547 del Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia[13] leggiamo il seguente resoconto.: ….Introytus frumenti :…… Item vicesimo nono augusti, undecime indictionis, apud Messana, a notario Rogerio de Syracusia, una cum sociis in anno proximo preterito, undecime indict. (Secreto) et magistro procuratore citra flumen Salsum, delatas ab Heraclea in Messanam cum quadam terida Curie, per manus notarii Iohannis de Notario Philippo, nuntii sui, ad mensuram Messane frumenti salmas trecentas quatuordecim et duodecim….….“ Presuppongo che il ramo angioino della famiglia trasferitosi nel territorio della penisola si sia estinto, mentre il ramo aragonese rimasto in Sicilia , di cui in questo studio ci occuperemo, ha sopravvissuto fino al giorno d’oggi, diffondendosi dalla Sicilia in tutto il mondo. Purtroppo una ricerca simile é condizionata dalla difficoltá d’accedere alle fonti originali.. Richieste rivolte a diversi Archivi di Stato siciliani si sono limitate all’invio di notizie contenute in manuali d’araldica correnti, come il Palizzolo Gravina, Mango di Casalgeraldo, Mugnos etc. D’altro lato mi é comprensibile suddetta reazione degli Archivi, impossibilitati di differenziare tra le richieste poste a fine di studio e quelle innumerevoli di gente desiderosa soltanto di dimostrare la propria origine nobiliare. Ad eccezione di ricerche effettuate negli Archivi di Stato di Siracusa (a questo punto ringrazio la Dr. Messina per il suo cortese appoggio), Palermo ed Agrigento la maggior parte delle notizie é detratta dalle pubblicazoioni esistenti nella Biblioteca di Stato di Berlino. Lo scopo di suddetti appunti era stato al principio quello di dare agli Enti siciliani richiesti, una concreta visione del lavoro di ricerca finora effettuato e dare anche un punto di riferimento relativo ai periodi ancora poco documentati. Fine assoluto del mio lavoro é un piccolo contributo nel grande mosaico della complicata Storia della Sicilia. Cambi di dominazione, terremoti , rivoluzioni etc. hanno purtroppo distrutto gran parte del patrimonio storico isolano. Senza il lavoro di Filadelfo Mugnos che (anche se contiene qualche inesatteza) finora é stato riconfermato generalmente dai documenti esaminati, non mi sarebbbe stato possibile il lavoro finora condotto. L’importanza del Mugnos come autoritá araldica siciliana ci viene palesemente dimostrata dai relativi passaggi nel romanzo „I Viceré“ di Federico De Roberto. Nei citati Archivi della corona d’Aragona, nel periodo dal 9 settembre 1282 al 26 agosto 1283, si fa riferimento a Ruggero di Siracusa, Segreto e Maestro Portolano al di qua del Salso.. Da suddetti documenti apprendiamo che il 21 gennaio 1283 “Re Pietro da facoltá a Ruggero di Siracusa, Segreto e Maestro Portolano al di quá del Salso, di far figurare tra i conti del suo ufficio, once trenta da lui mutuate a Lupo Ferrango de Luna, giá destinato alla custodia della terre di Siracusa, per parte della Curia; al quale Lupo verrá poi dedotta la detta somma de quantitate pecunie quam pro Gagiis suis est de nostra Curia recepturus” Sotto XI Indizione datata Messina , 2 Febbraio 1283 leggiamo: „Re Pietro fa noto a Notar Andrea di Castrogiovanni ed agli altri secreti, che per sollievo degli afflitti siciliani ha condonato loro le collette solite imporsi e i diritti di marineria: Pertanto non diano piú molestia ad alcuno per siffatte gravezze. Similis facta fuit Rogerio de Siraguzia altero secretorum ipsorum.Datum ut supra.“ Ugualmente da Messina il giorno 20 Aprile 1283 leggiamo: “Nos Petrus dei gracia aragonum et sicilie Rex. presenti apodixa fatemur. recepisse et habisse a te Raynaldo de Bonito una cum Bartholomeo de castellione. Rogerio de Syracusia et andrea de castro Iohannis. Secreto magistro portulano et procuratore sicilie citra flumen salsum. de pecunia ipsius Secrecie et procurecionis tui et sociorum tuorum officii anni presenti undecime Indicionis, que est per manus tuas ad generale pondus. uncias auri Centum. Quas predictas uncias Bernardo de Sergalario fideli scriptori nostro in Camera nostra ex parte nostre Celsitudinis pro solvendis stipendiariis nostris nobiscum morantibus integraliter assignasti. und etc.Scriptum messane anno domini MCCLXXXIII mense aprilis XX eiusdem XI Indicionis.Regnorum nostrorum aragonum annoseptimo sicilie vero primo. Eodem die facta est similis apodixa Rogerio de Syracusia Secreto de unciis auri quadraginta.“ Berardus Syracusa fu alla fine del 1200 o agli inizi del 1300 Signore di Collesano. Egli sposó Hilaria, figlia di Francesco I Ventimiglia, conte di Geraci, con la quale generó due figli : a) Franciscus b) Iohannis Lo stesso Berardo riferisce Bresc era possessore di una casa a Palermo. Nell’esaminare il metodo arabo di costruzione detto “maramma” Bresc scrive: “La confiance devait être bien grande dans les qualités de ce mortier puisqu’en 1331 Messire Berardo Siracusa prévoit qu’on bâtira 54 mètres de longueur d’un haut mur( 6 m.)dans son hôtel en pierres (sans doute taillées).... Francesco appare secondo Mugnos in data 1327 nei Registri del Senato di Palermo come Signore di Collesano[14], mentre di Iohannes si perde ogni traccia. Presumo ch’egli (figlio cadetto) abbia tentato la propria fortuna a Siracusa. Probabilmente si tratta della stessa persona, la cui morte fu descritta da Michele da Piazza nella sua Cronaca degli anni 1336-1361. Deinde procedentes,pervenerum ad domum cujusdam infidelis proditoris , nomine Johannes de Syracusia, qui dicti capitanei erat assessor, et judex, quem ad mansionem propriam non invenerunt,pro eo quod erat asconsus in quandam domo cujusdam sacerdotis,; ad quam dum festini iterassent, ipsum duris diris ictibus percusserunt, quare preceps fuit cadaver effectus.Quo mortuo, quendam alium nomine *** de Savoya, eorum consocium finaliter trucidarunt, et certos alios, quos in hoc opere scribere pretermicto“. Dei Siracusa di Collesano si perdono le tracce. Collesano passó in seguito alla famiglia Ventimiglia Ancora Bresc scrive: En 1339 Bartuchius Montaperto prenait en gabelle les fiefs de l’évêque de Girgenti (Biblioteca Comunale di Palermo Qq H 6, f.542). De même , en 1345, l’évêque de Cefalú louait Senescalco (Bonfornello) á Don Petrus de Syragusia, segneur de Collesano( Archivio di Stato Palermo,Tabulario Cefalú, 112)..“ Dalla lettera del pretore e dei giudici di Palermo agli ufficiali e Baiuli di Cefalú, Polizzi e Termini datata 9 Settembre 1349 apprendiamo che Giovanni Siracusa negava di pagare al vescovo di Cefalú 14 onze per la locazione di Bonfornello (Feudo di Siniscalco). Non esiste dubbio, che questo Giovanni Siracusa, per quanto contemporaneo, non sia identico alla vittima della rivoluzione siracusana contro i Chiramonte del 2 Maggio 1355. Nella lettera citata é infatti chiaramente deducibile, che Iohannuciu de Siracusia era nipote e successore di Pietro, primo locatario del feudo. “Cuiusmodi peticione admissa ut consona racioni que de contractu locationis dicti feudi facto dudum per prefactum dominum episcopum quondam domino Perri de Siracusia militen avum dicti Iohannucii.……. Anche dalle stesse lettere della cittá di Palermo apprendiamo( 12 sett.1349), che la cittá di Palermo aveva risarcito al tesoriere Recupero Guidi il soldo anticipato per i merceneri del castello di Misilmeri. Segue un dettagliato resoconto dal quale apprendiamo, che Iohannes di Messina aveva ricevuto la somma di 7 Tarí e 10 Grani come procuratore del condottiero Palmerio de Siracusa. Vincenzo d’Alessandro in una annotazione del suo libro “Terra nobili e borghesi nella Sicilia medievale” a pagina 155 (Annotazione 15) parlando del notaio Simone del Giudice Fazio scrive: “Sulla sua attivitá professionale si veda ad es. ASPSM perg. 146, doc. del 27 giugno 1349. Prima nell’estate 1343, lo si trova incaricato dalla Corte Pretoriana (Pretore il miles Palmerio Abbate; Giudici : Rainaldo de Milite giurisperito, Antonio de Afflitto, Nicola de Tancredo giurisperito, Manfredo Bucca de 0rdeo, 0berto Aldibrandini, Nicola de Arenzano) della ricognizione dei beni di Aloisia de Caltagirone, vedova del nobilis Bernardo di Siracusa e debitrice di 105 onze nei confronti del miles Riccardo Filangeri“. Anche questa una traccia tra molte, che varrebbe la pena di seguire. Ovviamente non si tratta dello stesso Berardo, incontrato prima a Palermo, sebbene pare appartenere alla stessa famiglia, che lo stesso Vincenzo D’Alessandro altrove[15] annovera come feudatari di Collesano e Carrubba.. Ritornando all’asserzione di Palizzotto Gravina, secondo la quale Tommaso Siracusa fu nel 1283 Barone di Vizzini siamo certi della veridicitá di suddetta asserzione. Il Feudo di Vizzini infatti appare nell’Adoamento dell’anno 1343 come feudo intero di proprietá di Nicoló de Siracusis. Poco dopo questo periodo, il feudo passa in proprietá di Artale Alagona.

3. La presenza a Noto

Il ramo piú conosciuto della famiglia Siracusa é quello dei Baroni di Muxia e dei loro discendenti. Giacomo Siracusa fu dal re Pietro nominato Maestro Portolano di Palermo. Suo figlio Filippo , giá notaio a Messina, fu nominato Governatore della cittá di Noto e in ricompensa dei suoi servizi , ottenne dal Re Federico il feudo di Muscia. A lui successe il figlio Simone e a costui il figlio Filippo che ebbe conferma del Feudo nel 1371. Nei Capibrevi di Giovanni Luca Barbieri leggiamo: Feudum vocatum Muxia in civitatis Nothi territorio positum per dominum Regem Federicum cuiusdam notario Philippo de Siracusis Messanensis antiquitus concessum extitit, quod notarius Philippus ipse vita sibi comite tenuit et possedit, ipsoque deinde defuncto Simon de Siracusis dicti notarii Philippi filius et heres de dicto Muxie feudo cum iuribus , redditibus et pertinenciis suis prefato domino Rege Federico confirmacionem et de novo concessionem assecutus fuit; de qua confirmacione ab eodem domino Rege oportunum emanavit privilegium, quid exinde , cum prefatus Simon amisisse asservisset et dicti domini Regis manibus hoc iuramento affirmasset, idem dominus Rex Federicus ad iteram prefati Simonis supplicationem feudum Muxie antedictum cum dictis eius iuribus prefato Simoni et suis heredibus de suo corpore legitime descendenttibus, sub onere census terenorum trium annis singulis per se et dictos suos in perpetuum heredes Regie Curie solvendo, suo cum alio oportuno privilegio iterum confirmavit et de novo concessit, quemadmodum in dicto posteriori privilegio regio in Regie Cancellerie registro anni 1371 in cartis 102 notato hec et alia seriosius exprimuntur” Alla morte di Filippo, la moglie Iacobina Pepi, che secondo le usanze di Messina, era rimasta tutrice delle tre figlie Agnesa, Cara ed Agata , promette la figlia maggiore Agnesa ad Antonio Salonia e conferma la vendita del feudo di Muxia, libero di ogni onere, che era giá stata effettuata in vita dal marito, come riferisce il contratto del notaio Maynicti de Villano di Messina del 28 Settembre del 1372. In seguito, nel 1511, dopo la morte di Iohannes de Salonia senza figli e senza testamento, la Curia rigetterá la richiesta d’investitura della sorella, sotto il pretesto che la famiglia Salonia non aveva alcun diritto non avendo pagato alla curia il censo stabilito all’atto della concessione. Oltretutto, essendo la pretendente del Feudo monaca non era nella possibilitá di assumere oneri feudali. Pertanto il feudo ritorna in possesso della Corona. Una sorella del suddetto Filippo sposa, come riferisce Mugnos, Antonio Beneventano: “Antonio l’altro figlio del primo Matteo e fratello di Camillo, ch’ebbe per moglie la figlia di Simone di Siragusa cavalier netino, con buonissima dote: era quello Simone Barone del feudo della Mugia , e con molto decoro viveva, nondimeno il predetto Antonio n’acquistó di sua moglia Giacomo e Giovan Filippo.” Nicoló Siracusa , figlio del suddetto Simone e fratello di Filippo, visse nella cittá di Noto. Dal Re Alfonso ottenne nel 1443 l’ufficio di Vice Ammirato del Cargator di Vendicari, essendo il titolare Nicoló Speciali ammalato. Dopo il decesso di Nicoló Speciali, l’incarico venne dato al di lui figlio e una volta deceduto anche lui, nel 1474 Nicoló venne riconfermato come titolare di suddetta carica. Vincenzo Littara[16] ci tramanda: “Ebbe ricchezze molto ingenti e fu dotato di non comune liberalitá. Aiutó volentieri i suoi concittadini e sborsó forti somme a favore dei poveri e degli edifici sacri. Fu lui a convogliare in cittá l’acqua della sorgente Runedi, distante 4 miglia, che oggi fa zampillare molte fontane che raffigurano diversi soggetti…….Egli gettó un ponte sul Tellaro, nei pressi di Bulcale e dotó la chiesetta di S. Giorgio che si trovava nel suo palazzo, vicino al chiostro di S. Domenico. Come ancor oggi attestano le opere pubbliche ed i ricordi dei vecchi, fu uomo dotato di ogni virtú. Maritó le tre figlie con personaggi ragguardevoli:Clara con Gaspare Aragona , signore di Avola(e dopo la morte di questi con Aloisio Requescenz), Eleonora con Giovanni Landolina e Giovanna con Giovanni Nava. Costruí una cappella a S. Corrado dove oggi si adora la SS.Eucaristia. Li fino ad oggi é rimasto il suo notevole sarcofago di marmo, benché abbassato due volte per ordine dei vescovi. Nominó eredi Nicoló Antonio(che sposó Maria figlia di Manetto Landolina ,signore di Burgio e Belliscala) e Pietro, signore di Cassaro.. I proventi della gabella (chiamata canna per il fatto che viene misurata mediante cubiti di tessuto di lana messo in vendita) egli li donó in favore delle nozze delle parenti povere e, in mancanza, anche delle altre. Tale gabella , un tempo concessa in garanzia allo stesso Nicoló, fu poi riscattata dalla stessa cittá il 2 Agosto 1574. Si desume da una nota a margine del contratto di vendita, rogato il 7 agosto 1469 dal notaio Francesco Musco, i cui rogiti sono elogiati da Francesco Giantommaso. Fece testamento presso Giuliano Carobene e morí a Noto il 20 luglio 1491, mentre era in carica come Giurato della cittá……Sulla sua tomba si leggeva questo epitaffio: STIRPE SIRACOSIA TUMULO JACET HOC NICOLAUS QUI PATRIAM JUVIT MUNERE, CONSILIO HOSPITIUM HOC VIVENS HAC CONDIDIT AEDE TONANTI, UT POSSIT MORIENS HOSPES ADIRE JOVEM” Nicoló Antonio , suo figlio compró nel 1479 dal Signorre d’Alcamo la Baronia e Castello di Castelluzzo e nel 1482 prese “jure uxorio“, con autorizzazione reale, il possesso della Baronia di Burgio, come erede universale di suo suocero Mazziotta Landolina. Fu Capitano di Terrranova e nel 1491 della cittá di Noto. Il 4 novembre 1506 ottenne il feudo di Rigilisi, come si puó leggere nei citati Capibreve del Silvestre. Il 18 Agosto 1503 sposó la figlia Margherita con Gaspare Ventimiglia, primogenito di Francesco, signore di Buscemi. Suo fratello Pietro fu cavaliere reale e nel 1504 Capitano di Noto. Sposó Margherita Moleti e Spadafora, Baronessa della terra del Cassaro. Nei Capibreve a pagina 66 leggiamo: deinde vero prefata Margarita nupsit Petro de Siracusis et in anno 1492 obtinuit a quondam don Ferdinando de Acuña , tunc in Regno prorege, de dicto feudo et castro Cassari debitam investituram notatam in libro anni 1491, f. 374. In presentiarum vero currente anno 1510, dictum feudum cum castro Cassari per dictum Petrum de Siracusis tamquam maritum et legitimum administratorem predicte Margarite eius uxoris possidetur, dictumque feudum anno quolibet reddit.…… Incerto appare, anche secondo i suddetti Capibreve, che Pietro Siracusa abbia posseduto anche la Baronia di Didini. Indubitabile é invece il possesso dei Feudi di Xiridia e di Monastero. A pagina 323 dei citati Capibreve leggiamo infatti: Item eodem in tempore Petrus de Siracusis baro Cassari, alterius feudi scilicet Monasterii possessor, pro se suisque imperpetuum heredibus et successoribus, que est larga forma, de ipso Monasterii feudo a dicto tunc Prorege IIII. Februarij VIIII Indicionis 1505 investituram. in Regie Cancellarie dicti anni libro in cartis 295 notatam, obtinuit……nam aliud feudum chiridia in stricta forma concessum extitit. Dal matrimonio dei suddetti Pietro Siracusa e Margherita Moleti e Spadafora nacque come unica figlia Beatrice, sposatasi in seguito con Pietro Gaetani, Barone di Sortino. E´questo il Ceppo della famiglia Gaetani divenuti in seguito Principi del Cassaro. I figli generati furono: Guido, morto insieme alla Madre il 10 Dicembre 1542, come vittima del terremoto e Cesare progenitore del ramo cadetto dei Principi di Cassaro. A questo punto mi sia permesso chiarire un equivoco sorto probabilmente agli inizi del XVII Secolo e tramandatoci sia dal Mugnos, che dai documenti esistenti nel Fondo Gaetani Specchi, dell’Archivio di Stato di Siracusa. Sia Mugnos, che un albero genealocico dei Gaetani del 1700, compreso nel citato fondo Gaetani-Specchi, citano come moglie di Pietro Gaetani, Margherita Siracusa, ( che in realtá era stata sua suocera). Il primo dubbio mi sorse leggendo la descrizione del terremoto del 1542 fatta dal Fazzello. Citiamo in seguito sia il testo del Mugnos, che quello del Fazzello: Mugnos scrive[17]: Pietro primogenito successe al padre che ebbe per moglie Margherita Siragusa, figlia di Pietro Siragusa , Signore della terra del Cassaro, con la quale fece D. Guido, che morí d’improvvisa morte insieme alla madre in quel gran terremoto seguito nel 1542, che calcó la metá del castello di Sortino, morendogli la suddetta Margerita, Guidone ed altri trenta creati di casa, perloché lo stato di Sortino e di Cassaro pervennero a Don Cesare, figlio secondogenito. I feudi di Cassaro e Didini furono anticamente di Pietro Cassaro, gentiluomo siragusano, che avendo morto senza figli, gli successe Anselmo Spadafora, gentiluomo messinese, suo stretto parente, nel 1347 al quale pure Regali suo figlio nel 1420; a costui il figlio Spada Spadafora nel 1453, al quale il figlio Nicoló, che dopo la sua morte ne relevó il dominio suo figlio Gianni Matteo, cognominato per la madre di Moleti, nondimeno per la morte di colui senza figli sua zia Margherita, figlia del suddetto Nicola Spadafora successe al nipote nel 1492 e si casó con Pietro Siragusa , gentiluomo netino , per la cui morte ella ne investí nel 1516 e dotó il Cassaro e Didini a sua figlia chiamata anche Margherita, casata con il predetto Pietro Caetano, che prese l’investitura nel 1519“. A quanto pare il Mugnos non era a conoscenza diretta dei documenti relativi al Cassaro esistenti nei processi d’Investitura del Protonotaro. Dalla visura dei documenti constatiamo che: Margherita Siragusa Moleti successe nel dominio del Cassaro “come figlia ed erede di Giovanni Moleti e Spadafora“( Processo d’investitura 403 Busta 1486 degli Anni 1490-1497 Archivio di Stato di Palermo , Fondo Protonotaro) figlia di Pietro Siragusa e di Margherita Moleti é “Beatrice Siracusa in Gaetani, figlia unica ed erede universale di Margherita Moleti in Siracusa“(Processo d’investitura 1252, busta 1499 dell’anno 1525, Archivio di Stato di Palermo, Fondo Protonotaro) Tommaso Fazzello, che si limita alla descrizione del Terremoto, scrive: “Quasi in questo medesimo tempo,l’anno di nostra salute MDXLII, a´ 10.di decembre, a 23 ore un gran terremoto scosse tutta la Sicilia, ma particolarmente fu sentito nella valle di Noto.La cittá di Siracusa quasi tutta si scommosse, il vescovado rovinó, ed il campanile del Duomo da quella parte ch’é volta a Leontino, e che era piú alta dell’altre, rovinó, il qual poi in quella parte fu rifatto dalla cittá , siccome si puó vedere nella sua inscrizione. Rovinarono in oltre molte case per tutta la terra,. e massime in questa parte che si chiama Maniace, e nel borgo dei Melfitani. Le mura della fortezza di Marietto si ruppero quasi tutte, e la rocca detta Casanova tutta restó sconquassata: la fonte d’Aretusa, ed i pozzi della cittá ebbero per molti giorni l’acque salate , e la fortezza del Castel di Sortino rovinando in un subito, ammazzó Beatrice padrona di quel castello , ed uccise anco il suo figliolo maggiore chiamato Guido con molte altre persone., e i corpi loro furono trovati dopo alquanti giorni sotto i monti di sassi. Mario Ajuto da Sortino fu ritrovato vivo dopo tre giorni sotto alle rovine, perché certi travoni l’avevan salvato, e gli avevan come dir fatto un parapetto, ancorché per tutto il corpo fusse ammaccato e rotto…..” A quanto pare il castello di Cassaro non subí nel 1542 gravi danni. Da quanto ci risulta Cassaro fu totalmente distrutto dal terremoto del 1693. Finora non siamo riusciti a trovare incisioni o altro materiale grafico sui due Castelli. Secondo informazioni ricevute , esiste nella chiesa di S. Sofia di Sortino un quadro commissionato dal parroco Gurciullo nel 1749, raffigurante il paese di Sortino prima del sisma del 1693. Una richiesta rivolta alla Sovraintendenza ai monumenti, relativa a scavi di archeologia moderna condotti a Noto e Cassaro venne evasa con la consueta mancanza di cooperazione spesso adottata da Enti statali italiani, che dimenticano purtroppo che dovrebbero essere al servizio del pubblico, delle cui tasse vivono. La pubblicazione sulla rivista „Kokalos“ degli anni 1980- 1989 laconicamente comunicata, non ha fornito purtroppo nessuna informazione in merito. Lo “Stato di Cassaro“, sito in Val di Noto, fu con decreto reale dell’8 marzo 1631 elevato a Principato. Secondo il Villabianca, Cassaro possedeva 273 fuochi e 886 abitanti. Aveva tre chiese appartenenti alla Diocesi di Siracusa . Il Principe di Cassaro, che era anche Marchese di Sortino, doveva un tributo militare di 21 Cavalli. 0vviamente il Villabianca si riferisca al nuovo paese, costruito dopo il terremoto del 1693. Purtroppo non esiste descrizione di Cassaro vecchia.

4. Il ramo cadetto di Sciacca e di Palermo

Marco Siracusa, figlio del succitato Simone e fratello quindi di Nicoló Antonio, ottenne dal Re Giovanni nel 1477 il diritto d’estrarre 1200 Salme di frumento annuali dal Cargator di Vendicari. Egli sposó Liviella Tagliavia , dei Signori di Castelvetrano. Dal loro matrimonio nacque Girolamo (Jeronimo), che fu Capitano di Sciacca nel 1516 e 1532, Jacopo e Sigismondo. Dal matrimonio di Gerolamo con Simonetta Lucchese nacquero: 1. Marco, che sposó Francesca Tagliavia 2. Dr. Antonio, che si trasferí a Palermo 3. Giovanni Pietro, che fu giurato di Sciacca nel 1538 e coinvolto attivamente nel “secondo Caso di Sciacca“. Di Marco Siragusa come pure di Gian Pietro si perdono le traccie. Probabilmente sono loro i progenitori del ramo della famiglia vivente nella provincia di Agrigento. Dalla Genealogia dei Perollo nell’opera di Mugnos apprendiamo,che Giovanni Perollo Barone di Pandolfina sposó Maria Siracusa e che Pietro Perollo Barone di S. Bartolomeo ebbe come consorte N. Siragusa . Finora non ci é stato possibile esaminare il ricco fondo documentario relativo alla famiglia, esistente nell’Archivio di Stato di Sciacca. Presumo che Gian Pietro e Marco siano stati esiliati a seguito degli eventi conosciuti come primo e secondo caso di Sciacca[18]. Suddetta supposizione viene appoggiata del fatto che in quasi tutti gli atti notarili esistenti compare Sebastiana Tagliavia , come moglie e procuratrice di Giovanni Pietro. Il 1529, anno del famoso Caso di Sciacca, può essere assunto come il momento di una tragica cesura tra un periodo di splendore, in cui la città vantava di ospitare quaranta famiglie baronali, e uno di decadenza. Dopo lo splendore, l’improvviso declino determinato dalla fuga e dall’esilio in seguito al tragico caso. Il CASO DI SCIACCA con i suoi lutti e le sue rovine segna lo spartiacque epocale della storia di Sciacca e di molte famiglie saccensi nell’ età moderna. Alla crisi economica, seguita alle distruzioni e alle uccisioni; allo spopolamento e agli esili delle famiglie maggiormente compromesse nella guerra civile, corrisponde la decadenza nel campo dell’arte in genere e dell’architettura in particolare, sia civile sia religiosa Il Dr. Antonio si trasferí a Palermo dove ricoprí diverse importanti cariche. Fu Giudice della regia Corte pretoria negli anni 1542, 1543, 1547 e 1548. In seguito fu giudice del Regio consistorio nel 1550 e 1554. Nel 1558 fu dal re Filippo II nominato Presidente del Supremo Consiglio d’Italia alla Corte spagnuola. Probabilmente sposó in prime nozze nel 1543 Desiata de Liparia e in seconde nozze nel 1546 Beatrice di Peralta, come ci fanno presumere due contratti matrimoniali conservati nell’Archivio di Stato di Sciacca. I suoi figli furono: 1. Gian Martino,che cadde nel 1560 nella battaglia di Djerba, 2. Dr. Carlo, che studió giurisprudenza e dal Re Filippo II fu nominato avvocato fiscale del Real Patrimonio. Dalle opere inedite sulla cittá di Palermo cura dell’abbate Gioacchino di Marzo apprendiamo che forse uno dei suoi discendenti abitava in via della Bandiera: .. e si esce nella strada della Bandiera la quale tira sino a S.Sebastiano:Da man destra vi é la casa dei Termini con una superbissima torre, quasi la piú alta di Palermo (Palazzo dei duchi di Pietratagliata, giá dei Principi di Casteltermini) e dopo quella la casa del Dr. Carlo Siragusa.….” Secondo una recente lettera del Prof. Gioacchino Lanza Tomasi, autore del libro “Palazzi di Sicilia” suddetta casa sará stata probabilmente distrutta nell’epoca umbertina. Giacomo Siragusa, figlio del Dr. Carlo fu Maestro Segreto del Regno, procuratore generale ,Capitano d’armi e giurato di Palermo negli anni 1564 , 1587, 1595 e 1596. Fu anche Visitatore dei Cargatori reali, ufficio che generalmente viene svolto dai Maestri portolani,. Questo durante l’assenza di Vincenzo Spinola, Maestro Portolano di Palermo. Fu finalmente Giudice del Consistorio. Sposó Maria Spinola, figlia del citato Vincenzo. Da questo matrimonio nacque il figlio Carlo, che ancora giovane, con autoritá viceregia, sostituí il padre ammalato nel 1614 come Maestro Segreto.Dopo la morte del padre nel 1615 ebbe confermata suddetta carica. Carlo serví moltissimi anni come ufficiale della fanteria spagnola e fu dal re Filippo II nominato Cavaliere dell’Alcantara. Sposó Porzia Corsetto del Tignoso, sorella di 0ttavio Corsetto, Duca di Castel di Mirto e Conte di Villalta. Da suddetto matrimonio nacquero: 1.Pietro 2.Giacomo (diventato gesuita) 3.Ottavio (futuro erede universale dei Corsetto) 4.Orietta, che si sposó in casa 0ppezinga di Palazzo Adriano 5.Maria coniugata Boccadifuoco. Ottavio Siracusa e Corsetto divenne erede universale dello zio 0ttavio. Prese l’investitura dei titoli conte di Villalta e Barone di Sciaccati come risulta dai processi d’investitura Nr. 6195 busta 1617 e 6236 busta 1617 entrambi dell’anno 1673 conservati nel Fondo Protonotaro dell’Archivio di stato di Palermo. Non ci risulta ch’egli abbia presa l’investitura del titolo di Duca di Castel di Mirto. Di suddetto titolo verrá in seguito richiesta l’investitura da un membro della famiglia Stella, come legittimi eredi di Orietta Boccadifuoco nata Siragusa. Ottavio va nel ruolo dei Deputati del Regno nel 1680 . Fu anche nel 1676 Capitano Giustiziere di Palermo. Inerente alla Sua persona esiste nella Biblioteca Comunale di Palermo un Manoscritto (Qq E 17 n. 15) col titolo “Allegationes pro illustri d. 0ctavio Syracusa comite Villaltae , contra partitarios gabellae tarenorum sex pro quolibet cantareo olei“. Sposó Elisabetta Bonanno e Marino figlia di Giacomo, Principe di Roccafiorita. Morto senza prole, gli successe il nipote Francesco Maria 0ppezinga Siracusa, dei Baroni di Palazzo Adriano. Dal Diario di Palermo del Villabianca, conservato nella Biblioteca comule, apprendiamo la morte di Giuseppe Stella, figlio minore dei furono Antonio Stella e Giglio ed 0rietta Boccadifuoco e Siracusa, marchesi della Gran Montagna e baroni di Bonagia. Sicuramente si tratta di un pronipote di 0ttavio Siracusa Corsetto. Sappiamo dal Villabianca, che il titolo di duca di Casteldimirto passó in seguito alla famiglia Stella. Archivio di Simancas: Documento di concessione del Titolo di Conte di Villalta ad 0ttavio Corsetto.

Conclusione

Concludo la mia ricerca effettuata finora sulla famiglia Siracusa. Naturalmente varrebbe la pena seguire, anche nei secoli seguenti, lo sviluppo e le migrazioni avvenute in tutto il mondo. Altri rami della famiglia esistono, anche se meno noti, nella Provincia di Trapani, Agrigento e Messina. Esaminando le strutture comunali(Mastre Nobili) del territorio di Castroreale e Milazzo incontriamo alcuni membri della famiglia[19] . A Castroreale nel 1756 figurano: 1. Giovanni Siracusa di anni 47, 2. Francesco Valveri Siracusa, preconservadore della 5. mastra nobile 3. Antonio Siracusa, luogotenente del Capitanio del Santo Ufficio. A Milazzo nel 1705-1798 figurano: 1. Dr. Paolo Siragusa 2. D. Ignazio Siracusa, defunto 3. D.Saverio Siragusa 4. D.Francesco Siragusa 5. Filippo Neri Proto Siragusa Ringrazio a questo punto postumamente i miei buoni amici e confratelli Francesco Enrico di Borbone, duca di Sevilla, Paolo Alfonso Principe di Metternich Winneburg e Lupold von Abercron, per avermi sempre incoraggiato a scrivere per i miei nipoti, nati in Germania, questo modesto contributo nella ricerca delle proprie radici. Anche se nel corso dell’0ttocento la famiglia Siragusa abbia seguito il destino comune a molte famiglie nobili siciliane, perdendo gradualmente d’importanza, essa ha dato personaggi noti nel mondo della cultura ( Giovan Battista Siragusa)o nel mondo dell’arte ( gli scultori Santi[20] e Federico Siragusa)[21]. Sul Monumento dei caduti dedicato dalla cittá di Gela ai propri figli ,decorati con la Medaglie d’oro, si legge il nome del Tenente Giulio Cesare Siracusa, caduto sul fronte russo, nella seconda guerra mondiale. Da ricerche bibliografiche diverse sappiamo che la famiglia attualmente é ben rappresentata negli stati Uniti[22] e nell’America del Sud: un José Siracusa pare abbia scritto in Argentina una Monografia su Garcia Lorca (notizia ricevuta recentemente dal direttore dell’Istituto hispano americano della Biblioteca di Stato a Berlino)

Dr. Giuseppe Siracusa (maggio 2004)

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Origine -> Descrizione – famiglia Siracusa Visto: 511
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Fiorì assai nobile in Ispagna, dice Mugnos, la famiglia Siragusa o Saragosa, così denominata da un cavaliere, che il primo di tutti da poter de’ Mori la fortezza della città di Saragozza d’Aragona tolse. La portò in Sicilia un Tbmmaso Siragusa, che fu barone di Vizzini 1283, da dove, stando ad Inveges, si diffuse in Palermo, Noto e Sciacca, producendo una serie di distinti personaggi, che oltre le primarie cariche ivi occupate possedettero le baronie di Muscia, Castelluzzo e Floridia. Meritano intanto speciale menzione: un Antonio reggente del Supremo Consiglio d’Italia in Ispagna 1558; ed un Carlo cavaliere d’Alcantara e capitano giustiziere di Palermo 1630-31. Arma: d’azzurro, con un castello d’argento, torricellato di tré pezzi. Corona di barone.
 
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