Blasone – famiglia Palici, Palizzi o Palazzolo |
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Palici, Palizzi o Palazzolo
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Origine -> Descrizione – famiglia Palici, Palizzi o Palizzol |
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L’Inveges appoggiato al Fazello vuole questa famiglia di origine normanna, che Mugnos riporta cominciata da un Riccardo condottiero della
cavalleria del duca Roberto Guiscardo nell’acquisto di Sicilia, imperocché cacciati i Mori da Caltagirone a Militello e sgombrato quinci il territorio de’ laghi Palici, i di lui figli per immortalarne la fama da’ detti laghi presero il cognome.
Il primo di essi Roberto fu straticoto di Messina 1115; locchè
rilevasi da un privilegio in pergamena presso il cavaliere Vincenzo Rosso leontinese, riferito dal Maugeri e fra’ Simone da Lentini.
Seguendo poi l’Inveges troviamo degno d’onorata menzione un Nicolo Palizzi gran capitano sotto rè Pietro I d’Aragona, pel di cui valore Messina assediata dalle armi angioine fu eroicamente difesa e quindi ei
salutato venne padre della patria. Ebbe un
fratello giusta Guarrasi a nome Lorenzo stabilito nel Monte San Giuliano, progenitore di quel ramo Palizzi, che in seguito fu chiamato Palizzolo, ed una sorella Giovanna madre di s. Alberto dell’ordine di Montecarmelo.
Tra i personaggi illustri intanto troviamo: un Vinciguerra gran cancelliere del regno, signore di Camarata 1303, quale stato die in dote all’unica sua figlia Macalda casata con Sancio d’Aragona; un Damiano gran cancelliere del regno, cappellano maggiore e ciantro della cappella reale, protonotaro logoteta e vicario generale del regno 1340, conte d’Asaro, e signore di Golisano
esiliato, morto in Pisa 1348; un Matteo conte di Novara 1337, signore di Ciminna, Tripi
Saponara, Caronia colla foresta del feudo di Donato ne’ territorì di Castrogiovanni, maestro razionale e procuratore generale del r.Patrimonio, viceré del regno di Sicilia 1352, usato avendo del dritto di coniar moneta colle armi proprie, celebre per essere stato a capo della fazione latina, che trionfante governò per qualche tempo sotto i reali
aragonesi contro la catalana, e per la quale assassinato dal popolo in Messina finì con
perdervi la vita insieme ad una parte di sua famiglia 1356; un Antonio-canonico della
cattedrale di Messina, che per la morte del padre conte Matteo mettevasi in possesso di tutti i paterni beni 1356; un Francesco contè di Capizzi bandito 1356 per aver congiurato contro lo zio Matteo, indi lo stesso anno reintegrato; un Ruggiero barone di
Tortorici 1416.
Tornando ora al detto ramo
di monte s. Giuliano, veggiamo in esso distinguersi: un Francesco figlio del cennato Lorenzo, indi il nobile Giovan-Pietro, primo a chiamarsi Palizzolo, il quale atteso i di lui gratuiti e segnalati servigi da rè Alfonso eletto venne castellano di detta città 1456, come risulta da certificati della Cancelleria del
Senato di Monte s. Giuliano, e da un diploma di Carlo V imperatore dato in Bruxelles
1553, esecutoriato in Palermo 1554, in persona del regio milite e cavaliere aurato nobile Giovanni Antonio Palizzolo. Fassi ivi altresì menzione d’un altro Francesco e d’un Andrea valorosi condottieri nella spedizione africana; il Giovanni Antonio fu anche insignito del cingolo militare, ed ottenne per
se e suoi la conferma dello stemma di sua
nobile famiglia, qui sotto descritto, con dovervi aggiungere due stelle d’argento di sei
raggi nella parte superiore dello scudo. Da
lui una serie d’illustri gentiluomini, che le
nobili cariche ripetutamente occuparono di
giurato, di patrizio e di capitano giustiziere,
ascritti alle nobili compagnie de’ Bianchi di
monte s. Giuliano, della Pace di Palermo,
de’ Bianchi di Catania, e nell’ordine Gerosolimitano.
Tra essi meritano infine speciale
menzione: un Francesco per aver saputo conservare nel r. Demanio la sua patria; un Salvatore consigliere della Suprema Corte di
Giustizia in Palermo, onore e splendore della siciliana magistratura, morto l’anno 1831;
un Giuseppe intendente della provincia di
Girgenti, consigliere della Gran Corte de’
Conti, cavaliere gerosolimitano coll’onorè di
commendatore, morto il 1871, padre dell’autore di quest’opera.
Arma concordemente agli autori, e la citata conferma e nuova concessione imperiale:
d’azzurro, a tré pali d’argento scorciati aguzzi
di sopra e di sotto, sormontati da due stelle
di argento di sei raggi. Elmo di nobile antico con lambrequini volanti d’azzurro e d’argento, lo scudo accollato da trofeo militare.
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